Sul sito del gruppo di ricerca sull’etnografia digitale potete scaricarvi il paper “Il caso True Blood: consumo telefilmico su media digitali”. Si tratta di un tentativo di utilizzare un materiale raccolto al fine di analisi di mercato a partire dall’altro lato, quello dell’interesse per il versante socio-antroplogico, che struttura attorno ai prodotti mediali i percorsi di senso. È frutto di un lavoro a più mani che cerca di mettere assieme prospettive di ricerca diverse e approcci metodologici in un quadro unitario. Prendetelo come un’attività in beta che non resterà isolata. Di seguito il post introduttivo che ho fatto per il sito.
Possiamo pensare sempre più la Rete come ambiente in cui la dimensione di produzione di contenuti da parte degli individui e le pratiche culturali correlate a questa produzione vanno ad intersecarsi con una realtà che unisce forme riflessive dell’individualità e percorsi collettivi prodotti dalla visibilità e consapevolezza di essere in relazione con gli altri. Quello che cambia è cioè la percezione di essere in relazione con gli altri a partire dalla messa in connessione delle proprie esperienze attraverso i contenuti che produciamo nei media digitali.
In questo sta il valore anche di quei contenuti che sono stimolati dalle forme di intrattenimento, come ad esempio conversazioni e User Generated Content di diverso tipo connessi a serie televisive. Prendete ad esempio True Blood, serie tv che tratta della convivenza fra vampiri ed umani (prodotta dalla HBO dal 2008) e creata da Alan Ball. E prendete i dati raccolti per un ricerca di social media marketing tesa a monitorare le informazioni prodotte dalle interazioni comunicative dei serial addicted di True Blood, fan che amano ritrovarsi su forum online, siti di social network e blog per discutere della loro serie preferita commentando a fondo anche i singoli episodi. Provate a togliere le lenti utilizzate per osservarli come consumatori di serie televisive ed indossate gli occhiali della ricerca socio-antropologica sfruttando a pieno le tecniche di etnografia digitale: sarete di fronte a quelli che abbiamo definito come “effetti collaterali” del social media marketing che però costituiscono il cuore del discorso sul rapporto tra forme culturali, web e costruzione di percorsi di senso tra modi di costruire e di consumare prodotti culturali.
Possiamo in questo senso pensare i fan, i serial addicted qui analizzati, come un vero e proprio “dispositivo culturale” le cui pratiche originano una relazione diversa fra modi della produzione e del consumo e sperimentano meccanismi di riflessività mediale. In pratica i prodotti mediali come True blood rappresentano occasioni per le pratiche riflessive, per i modi di riconoscere e dare “senso” ai propri vissuti e costruire visioni condivise dell’identità – come l’analisi dettagliata della True Blod web tribe che potete scaricarvi mostrerà. I prodotti culturali diventano così un luogo di auto ed etero riconoscimento: tra semplice fruizione, pratiche conversazionali e forme di produzione UGC come remix, mashup, post, e così via. Per questo l’analisi della tribù dei serial addicted di True Blood, attraverso le conversazioni attivate in spazi propri o che diventano discorsivamente propri (come i forum generici), rappresenta il tentativo di osservare queste pratiche riflessive e i modi attraverso cui il repertorio semantico della serie televisiva si offre non solo come ambito di sviluppo dell’insight commerciale ma anche come una piattaforma di elaborazione di senso e permette di far luce sulle modalità di produzione culturale che caratterizzano gli ambienti in cui si discute di serie televisive e sui modi in cui queste forme “leggere” sono alla base della produzione di forme di vita comuni che possono esprimere anche dinamiche culturali resistenti.