Il giornalismo si confronta con un ambiente di produzione, diffusione e consumo di news mutato. Lo analizza un rapporto sul giornalismo digitale nelle redazioni co-curato da Pier Luca Santoro. Pier Luca ha intervistato me e altri su questo tema. Riporto qui la nostra chiacchierata.
PLS: Qual è l’impatto dei media digitali sul giornalismo?
GBA: I media digitali stanno riconfigurando il panorama informativo su due livelli: quello della produzione e distribuzione di contenuti e quello dei lettori di news. Diventa quindi inevitabile per le testate di orientarsi sempre di più ad un modello Internet first ed a una dematerializzazione della professione. D’altra parte la realtà di una fruizione sociale delle news indica come sia necessario entrare nel flusso dei propri lettori piuttosto che portarli a sé. Queste due condizioni cambiano quindi anche la professione giornalistica.
PLS: Il citizen journalism, il giornalismo partecipativo, è alleato o rivale dei giornalismo professionale?
GBA: Il contesto che si sta strutturando vede generarsi un ambiente pro-am in cui dimensione professionale ed amatoriale devono essere negoziate. Il giornalismo partecipativo diventa quindi una realtà ancora più complessa in cui le forme “dal basso” e quelle professionali dell’ editoria tendono a convergere, generando spazi propri ed autonomi così come ambiti competitivi. Il punto è che la stretta relazione fra un giornalista e una sua comunità di lettori diventa sempre più un nodo centrale della professione e quello che la mutazione digitale sta mostrando è come sempre di più i contenuti prodotti (online) siano strettamente carichi di relazioni sociali e dipendenti da questi per la diffusione e come nel farlo costruiscano altre relazioni sociali. Come spiega Craig Silverman: “L’obiettivo di noi giornalisti non è solo quello di informare il pubblico, ma soprattutto connetterci alle persone attraverso storie, esperienze condivise o gli sviluppi importanti della nostra società. E al fine di consentirlo, dobbiamo agire con l’umanità e con i valori e le emozioni che ispirano una connessione umana”.
PLS: La sopravvivenza dei mestieri legati alla scrittura, del giornalismo, è profondamente legata alla capacità di rinnovarsi e di adattarsi alla tecnologica e ai nuovi metodi di lavoro da essa imposti. Nascono nuove professionalità che un tempo non esistevano quali il “Social Media Editor” o il “Data Journalist” per fare due esempi. Quali le professionalità richieste, il necessario livello di specializzazione? E quale, se possibile a definirsi, tra tutte la più importante?
GBA: Credo che il punto sia che ogni giornalista dovrà assumere queste professionalità ed imparare a gestire una realtà più complessa della produzione editoriale. Il fatto che esista un social media editor dipende dal limite attuale del sistema editoriale e dall’arretratezza culturale. Potrà esserci un armonizzatore, ma ogni giornalista deve saper curare i contenuti nei social media, promuoverli, discuterli, ecc.
PLS: E’ il giornalismo ed il mestiere di giornalista ad essere in crisi oppure è solo un problema di individuazione di nuovi modelli di business da parte degli editori? E’ il digitale, Internet, che hanno causato la crisi di questa professione o la spiegazione è un’altra?
GBA: Esiste sempre un bisogno di curare l’informazione solo che il modello editoriale novecentesco è diventato irrealistico sia per rispondere al bisogno informativo in tempo reale dei lettori (spettatori, ecc.), che per quanto riguarda i linguaggi usati e la capacità di sintonizzarsi con temi/contesti di lettura (visione, ecc.). Quindi la crisi ricade sia sul modello editoriale che sulla professione in sé. Il web fa da acceleratore di una mutazione che incrocia disponibilità di contenuti e necessità di filtraggio e cura.
PLS: Le informazioni stanno su Twitter ed il pubblico su Facebook. L’impatto di social media e social network come sta cambiando il giornalismo ed il mestiere del giornalista?
GBA: Non credo che le informazioni stiano su Twitter, solo che su Twitter abbiamo la sensazione di vederle emergere mentre su Facebook hanno senso se e perché finiscono nel flusso dell’utente. Progetti come Paper di Facebook mostrano come sarà possibile integrare flussi sociali e news e sperimentare la realtà della social news in modi più complessi. Al momento, se pensiamo all’Italia, l’élite politico-giornalistica che abita su Twitter autolegittima questo come ambiente informativo che però è sempre più distaccato dal pubblico non elitario delle news. Immagino avremo trasformazioni presto.
L’ha ribloggato su andreaspinopicoe ha commentato:
Il Prodotto Giornalistico è un vettore di relazioni sociali di Giovanni Boccia Altieri