La relazione tra genitori e figli è sempre complessa. Tanto più in un contesto comunicativo che vede la diffusione nella realtà quotidiana di strumenti di connessione permanente e lo sviluppo di una narrazione nei media informativi su giovani e Internet spesso suggestiva e fuorviante. Il fatto ad esempio di pensarli come “nativi digitali” porta a raccontarli come una generazione che ha come dato naturale una competenze per il digitale che noi non abbiamo, come una specie frutto di un adattamento darwiniano all’ambiente online. Il che si traduce spesso in una deresponsabilizzazione del mondo degli adulti che interviene solo quando si trova di fronte ad evidenti storture: cyberbullismo, sexting, hate speech, ecc.
Tutti concetti, tra l’altro, che trattiamo in modo a-problematico e non come fattori culturali di una relazione consistente tra online e offline che incide su un’unica vita, quella dei nostri figli (dovremmo provare a rileggere il sexting il cyberbullismo lungo i confini di una mutazione antropo-sociale, ad esempio).
Proviamo piuttosto a focalizzarci su una narrazione capace di mettere in luce come il problema sia di cultura e di consapevolezza – che non è solo come si usano gli strumenti ma il “senso” che attraverso essi costruiamo. Pensiamo allora come possiamo da genitori, insegnanti, mondo degli adulti, partecipare a costruire questa nuova narrazione.
Mi capita spesso di parlarne in giro da quando ho scritto Facebook per genitori. Oggi ne parlo a Pordenone con Sergio Maistrello all’interno della bella rassegna “Le voci dell’inchiesta”. Il tema è “Facebook in famiglia. Genitori e figli in un ambiente connesso”. Di solito alla fine dell’incontro, nel momento delle domande, emerge sempre il bisogno di avere consigli e suggerimenti. Da genitore a genitore per me la via è sempre quella del buon senso e del “non esistono risposte universali, dipende da caso a caso, da sensibilità a sensibilità”. Che poi vuol dire: dipende dal rapporto che hai costruito con i tuoi figli. Ma l’esigenza c’è comunque.
Ho provato allora a rispondere alle domande più comuni, sollecitato da una mamma/blogger speciale, Barbara Sgarzi, che ne ha fatto un articolo per Donna Moderna (sempre la cosa di costruire una narrazione normalizzata, ricordate?). E lo abbiamo fatto come due genitori che si confrontano, al di là delle nostre specifiche esperienze. La riporto qui (grazie Barbara).
BS: Cosa fare se hai la loro amicizia su FB per non “disturbare” troppo?
GBA: Dobbiamo seguire quello che fanno come se li stessimo guadando da una finestra di casa mentre sono in giardino e giocano e chiacchierano con gli amici. Ci facciamo un’idea delle loro vite connesse, delle loro amicizie condivise, di argomenti che trattano senza intrometterci. A volte li dobbiamo chiamare distrattamente perché sappiamo che loro sono lì, in giardino, e loro, in fondo, sanno che siamo in casa con le finestre aperte. Perciò: auguri al compleanno; chat se la loro luce è verde e abbiamo bisogno… ma senza strafare.
BS: Cosa fare se invece l’amicizia te la negano? Dobbiamo insistere? Lasciare perdere? Provare a scoprire la password e verificare di nascosto?
GBA: L’amicizia su FB con i figli non si chiede: si negozia. Non è una bomba improvvisa che deve arrivare tra i contatti ma qualcosa di cui discutere. Fare finta di niente non è mai una buona strategia. Puoi dare delle regole: servono a far capire che non ignori la cosa e che sai pregi e difetti della vita online. Facendolo magari scopri che lo sguardo dei tuoi figli sulle stesse cose è diverso. Capirsi è sempre un buon punto di partenza.
BS: Cosa fare se non ti raccontano nulla della loro vita online
GBA: E tu cosa gli racconti della tua vita online? E della tua vita in generale? Magari si comincia dicendo, non chiedendo. Fare diventare la vita online un normale argomento di conversazione è un primo passo. “Ho visto un video, ho visto una foto, c’era un post che…” Forse il peer-to-peer esiste anche nelle chiacchiere fuori dalla rete, ma proviamo a cominciare noi genitori.
BS: Cosa fare se invece ti raccontano che sono stati o sono oggetto di cyberbullismo?
GBA: Se te ne parla è un’ottima cosa, il primo passo è fatto. Esamina con lui di cosa si tratta e spiegagli che non è inerme online perché può bloccare persone indesiderate sul proprio profilo, ad esempio, e che deve ignorare non alimentando la spirale di violenza. Poi informati presso la sua scuola per sapere quali regole ed azioni disciplinari sono previste contro il bullismo e discutile con lui e decidete cosa fare. Già con questo percorso gli insegni che può avere controllo sulla cosa, allontanando il senso di impotenza in cui ogni atto di bullismo schiaccia i ragazzi. Se il problema è grave devi anche farti aiutare da chi se ne occupa professionalmente sia sul lato denuncia che terapeutico.
BS: Cosa fare se scopri foto osée oppure scopri qualcosa che non ti hanno detto (come ubriachezza, uscita senza permesso, etc) sul loro profilo FB?
GBA: Innanzitutto non dare per scontato che le cose siano come le vedi tu: il contesto in cui le immagini sono prodotte e socializzate conta. Spesso lo sguardo di un adulto carica la foto di una valenza erotica che nel gruppo di pari può non avere. E’ vero anche che alcune immagini ti raccontano aspetti dei tuoi figli che possono essere indicatori d stati a rischio: prima di scatenare la tua ira dal vivo prova a fare un commento sotto la foto o lasciare una faccina e vedere come dall’online la discussione arriva offline. Una ragazza di 18 anni ha postato sul suo profilo la foto dove era visibilmente ubriaca e la madre le ha postato sotto quello di una macchina incidentata. Io preferisco un approccio più leggero ed interlocutorio ma il senso mi sembra sia chiaro.
L’ha ribloggato su laprofonlinee ha commentato:
Articolo molto interessante e utile.
Grazie davvero per questo articolo. Anche io vado in giro nelle scuole a parlare con genitori, insegnanti e ragazzi e il fatto che l’amicizia non si chieda ma si negozi mi sembra un punto di partenza fondamentale. Credo che uno dei messaggi importanti che possiamo dare come educatori multimediali e attori attivi della rete sia il fatto che il web non è un territorio a parte, ma che la vita online dei nostri figli va fortemente contestualizzata all’interno del paradigma educativo che abbiamo fissato con loro. Ciò che vale per le relazioni offline, in primis intergenerazionali, tra genitori e figli, vale anche online. Recentemente una psicologa mi ha fatto riflettere anche sull’importanza di “dare valore” a ciò che gli adolescenti fanno online, ai loro contenuti, spesso sviliti da una generazione che considera minoritario il web rispetto alla carta. Se cominciamo a dare importanza a ciò che per loro ne ha (una chat, un post) forse anche loro ne daranno e considereranno i loro contenuti qualcosa di prezioso, da proteggere e tutelare.
Sarebbe bello avere un racconto di questo incontro insieme a Maistrello, fortunati quelli che interverranno 😉 se è disponibile un link di riferimento, facci sapere, mi interessa molto.
buon lavoro
francesca
[…] “L’amicizia su facebook non si chiede, si negozia. Il racconto del rapporto tra genitori e figli in… […]