Portare Internet fuori

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Quasi la metà delle famiglie italiane ha un PC in casa. Di queste il 40% ha un accesso Internet da casa.

Siamo decisamente sotto la media europea che vede il possesso al 62% e l’accesso domestico al 51% (dati Eurostat 2006 – EU25).

Tale differenza non è tanto di tipo economico ma dipende principalmente – ed esclusivamente – da una dimensione culturale e generazionale. Mi spiego: sono quelle con figli – in particolare adolescenti, in generale dai 15 ai 24 anni – a costituire quella metà delle famiglie italiane che hanno un accesso costante e veloce (banda larga) ad Internet. Ed è il livello di istruzione del capofamiglia a costituire una discriminante: il 60% con capofamiglia laureato possiede la banda larga a casa mentre quelle con capofamiglia in possesso della licenza elementare sono circa l’8%.

Come dire: chi mi legge qui fa parte di una specie di élite ed ha una responsabilità, quella di portare fuori da qui dentro Internet come valore culturale.

Durante questi giorni il risultato di Obama – anche grazie a chi ragiona, spera e vive con la Rete – ha saputo raccontarci come esista una possibilità di promuovere il cambiamento dal basso – Sergio lo dice benissimo – e come nella Rete troviamo un modo partecipativo di vivere la cittadinanza e valori e forme di cittadinanza societaria.

Si può partire anche dalle piccole cose, ad esempio attraverso la promozione della cultura della Rete che, come abbiamo visto in Italia deve trovare la sua occasione di sviluppo. Per questo abbiamo deciso di “abbracciare” il lavoro di Codice Internet, perchè vuole parlare di Internet alla gente e fra la gente, come se fosse una cosa normale; come se facesse parte della tua quotidianità. Sarà interessante vedere come Marco Montemagno saprà interagire con gli studenti di Scienze della Comunicazione e con i cittadini di Urbino per parlare loro di un futuro di cui dovranno essere protagonisti.

5 pensieri riguardo “Portare Internet fuori

  1. Suona “performance”. Cercherò di vedere di quanta efficacia – che qui mi sembra riguardare la diffusione di Internet come cultura – e quanto intrattenimento caratterizza la conferenza-spettacolo di Codice Internet.

  2. @chiarac: hai ragione da vendere, ovviamente; se prendiamo le cose in senso assoluto la distinzione fra nord e sud del mondo e quella tra ricchi e poveri e quella tra anziani e giovani, ecc. possono essere applicate.

    Ma restiamo in Italia e proviamo ad osservare la cosa in un altro modo. Le ricerche effettuate (tipo quella sulla penetrazione della banda larga che funge da riferimento per il ministero) mostrano che il problema non è economico ma culturale. Come dire: le famiglie non comprano il PC o la connessione perché non se la possono permettere ma perché scelgono di spendere in altro (sia in intrattenimento che in abbigliamento, ad esempio).

    Sui problemi relativi al costo di connessione o alla diffusione della stessa: anche qui a fronte dei problemi economici e di sviluppo in Italia c’è un atteggiamento culturale da sfondare.

    Da qualche parte dobbiamo cominciare… se creiamo cultura sono convinto che questa si traduca in domanda ed azione.

  3. Se il problema è “Come dire: le famiglie non comprano il PC o la connessione perché non se la possono permettere ma perché scelgono di spendere in altro” allora è veramente difficile da risolvere. Il discorso pro-Internet potrebbe anche essere fatto per altre cose (per i libri, per i quotidiani, per il teatro, ecc..). Come si a dire a uno che non è interessato “invece di spendere 300euro per cell e 300 per autoradio, spendi soldi per connessione Internet, teatro e libri”?
    E quale differenza c’è tra uno che non usa Internet (e magari legge molto) e uno che usa Internet solo per gioco? Sicuri che sia meglio il secondo? 🙂

  4. @Hamlet: ci sono due cose distinte: l’accesso (possesso) e l’uso. IL ragionamento che portavo era sul primo livello e sulla propensione culturale all’uso di Internet.
    Dicono le ricerche, ad esempio, che esiste una correlazione fra chi (giovane) usa molto la rete e la lettura di quotidiani. Ma centrale anche la televisione come medium dominante nelle diete dei giovani italiani. Come dire: il ragionamento era più relativo al rapporto tra possesso (accesso) e uso più che al “come si usa”. Il digital divide si misura anche così…

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