Ecologia della Rete e policing di massa

Facebook e l’ascesa della cyberborghesia 5

rimbalza il clandestino

E’ nota a tutti la vicenda relativa al gioco via Facebook “Rimbalza il clandestino” il cui scopo è l’allontanamento delle navi di profughi dalle coste italiane. Tra la denuncia pubblica nei mass media e l’epilogo con chiusura dell’applicazione si inserisce la realtà degli utenti Facebook che risulta fondamentale nel fare emergere il problema e nell’attivarsi per farla chiudere. Un’attività che negli ultimissimi giorni, sollecitata tra friendfeed, Facebook e blog con energia da vincos, che ha sollecitato uno di quei “piccoli gesti” che fanno la differenza, segnalare una violazione d’uso:

al momento la pagina del gioco è inesistente su Facebook, probabilmente anche grazie al nostro piccolo gesto (oltre 1000 persone hanno visto questo post in un poco più di 24 ore)

Questa micro storia insegna  alcune cose e apre ad alcune problematiche su cui varrà la pena riflettere.

Innanzitutto possiamo osservare le risposte interne ed autoregolative che mostrano la natura “ecologica” della Rete, la sua qualità adattativa di stampo sistemico. E’ la Rete stessa a farsi promotrice di denuncia e a mobilitarsi per correggere deviazioni. Cosa peraltro colta da qualche giornalista, ad esempio in una frase ad apertura del pezzo sulla chiusura su LaStampa:  “Meno male che l’autoregolamentazione su Internet funziona”, o il titolo su LaRepubblica: ” Utenti contro “Rimbalza il clandestino” Facebook cancella il gioco leghista”.

Il caso specifico, poi, mostra una realtà in cui l’hype lo si raggiunge solo quando il tema entra in agenda dei media mainstrem. Il caso era noto in Rete (vedi ad esempio questo post del 6 giugno) ma la mobilitazione effettiva emerge solo quando la stampa ne dà notizia. Nella visione ecologica occorre dunque spostare un po’ il punto di vista dall’interno della Rete all’interno del sistema dei media, tenendo conto della difficile articolazione nella costruzione dell’agenda mediale e della funzione preminente che i media generalisti hanno. Il tema della connessione delle sfere pubbliche e della capacità e il peso della rappresentatività mi sembra qui essenziale.

C’è poi una questione aperta, se leggiamo le cose da una prospettiva critica dei media, sul “policing” di massa (l’ha messa bene in evidenza Mario Tedschini Lalli in un commento ad una mia affermazione “la Rete si prende cura della rete” dicendo che “ok, ma il “policing” di massa non è meno “policing” — e in qualche misura mi preoccupa di più. A prescindere dal merito dei contenuti…”).

La forma di community policing o di neighborhood policing, se vogliamo usare la metafora del sito di social network come walled garden, richiede comunque un rapporto tra potere e controllo che è scisso fra forme di (auto)controllo demandate alla comunità e potere esercitato dall’autorità: gli utenti controllano e fungono da delatori e Mr. Facebook reprime. E’ ovvio che dietro a questa forma “moderna” di governo e di potere rigiocata in un ambito connesso come quello dei siti di social network si aprono possibile forme di distorsione che possono essere preoccupanti (un esempio qui): si tenta di risolvere problematiche legate ad ambienti con nuove grammatiche attraverso vecchi linguaggi.

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