
Caro Alessandro Baricco, mi permetto di inserirmi nel dialogo a distanza che con Eugenio Scalfari avete costruito sulle pagine del quotidiano La Repubblica nelle scorse settimane. Prima la Vittoria del barbari proiettata al 2026, poi la replica di Scalfari e oggi la risposta conciliatoria ed esplicativa. Mi permetto, mi ripeto, di inserirmi … anche se, a dire il vero mi era stata chiesta un’opinione in merito al vostro primo scambio, opinione che ho costretto a sintetizzare ad una brava giornalista di Wired Italia a cui mi sono spiegato, forse, non benissimo. Comunque: era evidente a chiunque che parlare di “imbarbariti” e di “barbari” significa fare riferimento a due semantiche diverse e quindi osservare due fenomeni diversi trattandoli come unitari.
Ma sto divagando. La ragione per cui le scrivo è perché oggi mi sento direttamente chiamato in causa. Lei infatti scrive:
Solo quarant’anni fa questi dibattiti di idee si facevano nelle accademie, e li facevano i filosofi, gli antropologi, i sociologi. Come mai adesso loro tacciono, smarriti, e noi, scrittori-giornalisti, ci troviamo bene o male ad accompagnare la riflessione collettiva su temi così importanti su carta che l’indomani involtola l’insalata o su riviste che ci mettono in copertina tutti belli ritoccati, manco fossimo degli attori?
Le scrivo perché sono sociologo e proprio di queste cose mi occupo e ne parlo. Quotidianamente. Senza sottrarmi. E come me lo fanno molti colleghi sociologi e di altre discipline – anche se, mi si permetta, forse mantenere confini così netti ha a che fare con una modernità che sta sparendo. Io e loro non tacciamo smarriti. Fare ricerca sulla mutazione e sui barbari, scriverne, discuterne prende parte della nostra attività quotidiana. E lo facciamo, praticamente, nell’assenza di finanziamento da parte dello Stato che alla ricerca oggi riserva pochissimo ma con la certezza che sia il modo per interpretare il presente e per costruire mappe per aiutare chi si sente smarrito.
Allora mi sono chiesto: da dove viene la nostra invisibilità? Certo: noi non siamo “famosi” e non scriviamo su testate con una diffusione così di massa. Forse perché l’interpretazione del presente è oggi riservata alle forme di opinionismo diffuso associato ad una certa celebrità.
Ma la riflessione collettiva la accompagniamo. Da dove? Ma da questi territori “barbari”. Su questo blog come su quello di molti altri. E, sì, anche su Facebook, su FriendFeed… e in molti altri luoghi. Qualcuno, talvolta, sbuca pure in televisione o su una qualche rubrichetta di giornale. Certo, in qualità di “esperto”, storpiato, confinato nel linguaggio sospetti di specialismo. Devices, taggare, dating online … Colpa nostra. Eppure spesso sappiamo anche trovare le parole per raccontare la mutazione che osserviamo ad un pubblico più allargato, tra la meraviglia generale. Stiamo imparando. Ma quello che conta è che occorre capire che l’opinione pubblica oggi non viene rappresentata solo su giornali e televisioni. E che una certa fetta di “pubblico” si rappresenta da solo ed è capace di portare avanti la riflessione collettiva grazie al fatto di essere diventato parte della conversazione, senza che qualcuno debba portarla avanti per lui.
Infatti, a pensarci bene, io in questi territori “barbari” non sono mica solo con i miei colleghi accademici nell’analizzarli, nel riflettere, nel tentare interpretazioni. E non porto avanti la conversazione ed il dibattito pubblico solo con qualche sparuto intellettuale che racconta le sue stranezze da un blog. Accanto agli amici sociologi, antropologi, filosofi (immagino che quando lo dice intende “in modo assoluto”, che so, appunto, docenti nelle accademie) leggo e mi confronto sulla mutazione socio-antropologica con molte persone diverse, “nativi” – so che questo termine è abbastanza mainstrem da dover essere usato – di 24 o 50 e passa anni. Lo faccio quotidianamente. Da loro ho imparato molto.
E insieme abbiamo imparato ad abitare questo territorio, capendo che non si tratta di una realtà “altra” rispetto a quella “reale”. Abbiamo imparato ad immaginare un modo diverso di produrre e consumare conoscenza sfruttando le dinamiche di superficie (non di superficialità: altro banale fraintendimento di Scalfari). E abbiamo imparato modi di costruire le relazioni mediate a distanza che sono proficui. Abbiamo imparato e sbagliato. E stiamo continuando a farlo.
Nella mia Rete quotidiana non ho magari Larry Page, Sergey Brin,Steve Jobs o Jimmy Wales. Ma conosco persone che hanno creato start up dal niente, altre che stanno crescendo inventando le professioni del domani e altre ancora che insegnano a seguire il “senso” dell’abitare il nostro tempo e lo fanno sempre aprendosi al confronto, con una logica di necessità: basta tenere i commenti aperti e rispondere. Ecco, ad esempio, per parlarvi in pubblico, lei e Scalfari, sarebbe bastato un post di Alessandro che Eugenio commentava e così via. E avrebbero potuto partecipare anche altri. Sostenendo l’uno o l’altro o, addirittura, inventando posizioni diverse.
Quando mi è capitato di confrontarmi con le persone che guardano dalla loro distanza siderale i territori barbari non gli racconto come Scalfari “la stessa ansia che hanno anche loro, cioè quella di poter essere barbari senza imbarbarire” ma preferisco portarli dentro la “normalità” di questo luogo, nel suo chiaroscuro. Senza farli sentire in colpa, lavorando sull’ansia.
Si tratta di riuscire a rappresentare il racconto che stiamo costruendo. E ci vogliono le parole giuste, questo è vero. Come dice Luca (De Biase) lei è “un grande scrittore… con sapiente qualità intellettuale, grande senso delle proporzioni e molta umanità”. Ma per costruire il racconto serve anche il senso dell’abitare un luogo come quello barbaro. Si faccia vedere un po’ di più da queste parti. Entri anche lei nella conversazione. Forse potrà osservare – studiare? – la mutazione in atto ed aiutarci a trovare le nuove parole che sono necessarie per raccontarla.
ohoh! fantastico! proprio una bella risposta… lo dico da “fan” di Baricco e frequentatore di questo blog…
Quando la sintesi è più acuta e meditata dell’analisi. Well done, Jo.
Urrà!
[…] This post was mentioned on Twitter by Luca De Biase, Alberto D'Ottavi, Antonio Sofi, Apogeonline, Stefano and others. Stefano said: RT @dottavi: Grande!!! RT @GBA_mediamondo: Le nuove parole per raccontare i “barbari”. Lettera aperta ad Alessandro Baricco http://ow.ly/2HWN5 […]
Mi associo entusiasta ai complimenti, però ero con te a Milano la scorsa settimana e mi sono sentita smarrita. Se ci accusano di essere invisibili forse qualcosa su cui riflettere l’abbiamo, non credi? E non si tratta solo della mancanza di fondi per la ricerca (questione vera e reale), ma anche di un certo snobismo che purtroppo ancora ci attanaglia. Ma è un discorso lungo, che sono certa affronterai nelle dovute sedi.
Sul “un certo snobismo”, purtroppo, concordo. Ci stiamo trasformando lentamente, dobbiamo imparare a gestire linguaggi condivisi e specialismi. E’ forse venuto il momento di avere più coraggio per affrontarli anche “nelle dovute sedi”. Quello che so è che l’inquietudine la sentono in molti e i tempi sono maturi per parlarne assieme.
Potrebbe essere che l’invisibilità sia un problema di chi realmente è assente in determinati spazi (blog, sn, ecc).
Se tu Baricco non sei connesso, difficilmente leggi questo post!
Forse questi “grandi pensatori” pensano, appunto, di poter studiare le mutazioni in atto stando comodamente seduti alla scrivania e lasciando pilotare ad altri i loro AlterEgo sui mondi virtuali (forse non gestiscono direttamente i propri account, i propri blog, i propri tweet).
Non vivendo direttamente in questi mondi, ma facendo un’esperienza mediata da altri che non equivale ad una esperienza diretta, non sono in grado di vedere ciò che accade.
Quindi tutti gli interventi fatti in rete per loro sono invisibili, inesistenti. Fin quando non giungono su media mainstream, professionalizzati, capitalizzati e istituzionalizzati!
Bho..forse è azzardato avanzare questa ipotesi, ma non credo che tutti i sociologi non svolgono più il loro lavoro e sono/saranno sostituiti da scrittori.
Your method of explaining the whole thing in this post is in fact fastidious, every
one be capable of without difficulty know it, Thanks a lot.