Avete mai trovato sul cellulare di vostro figlio un’immagine o un testo che contiene esplicitamente contenuti di stampo sessuale mandato da uno dei suoi amici o che lui ha mandato? Se sì allora significa che siete genitori coscienziosi che seguono l’uso che i loro figli fanno degli strumenti di comunicazione a loro disposizione. Oppure siete entrati in modo incauto nella loro sfera privata violando un patto – quello tra genitori e figli – che rispetta gli ambienti personali, anche quelli comunicativi. Rientrare in una categoria o nell’altra dipende da moltissime variabili e da domande che quotidianamente ci facciamo per stabilire il confine tra essere un buono o un cattivo genitore. Confine mobile, che si sposta continuamente rendendo complesso affrontare con sicurezza il tema. Ma non è questo il punto. Diciamo che l’abbiate fatto e che, prima di correre ai ripari e cercare di capire come comportarvi, vi chiediate che cosa c’è dietro, se c’è un “senso” nel fatto che nelle loro memorie elettroniche ci siano quelle parole e quelle immagini. Se è solo trasgressione o c’è del patologico oppure qualche cosa d’altro. Intanto vale la pena chiarire che si tratta di un fenomeno codificato come sexting, una sintesi tra le parole sex e texting, che ha a che fare con le forme di invio e ricezione di contenuti (testi, immagini, video) espliciti di carattere sessuale e che riguarda i ragazzi in genere e non unicamente vostro figlio. Una percentuale non rilevantissima che, quindi, non dovrebbe farci allarmare come società… Però trattandosi di vostro figlio qualche preoccupazione ve la mettete. Allora pensiamo al fatto che il 75% dei ragazzi americani fra i 12 e i 17 anni (dati dell’analisi Teens and Sexting) dotati di cellulare manda in media 50 sms al giorno. Il 4% – non è influente se maschi o femmine – produce sexting e il 15% lo riceve. Ma se scaviamo un po’ sotto i numeri scopriamo che spesso le pratiche di sexting vengono utilizzate come moneta relazionale: un modo di costruire il rapporto sociale con il proprio gruppo di amici o una forma di comunicazione che si sviluppa nello strutturarsi di una storia di coppia.
I ragazzi ci hanno spiegato come immagini sessualmente suggestive siano diventate una moneta relazionale […] sono condivise come parte, o al posto di, un’attività sessuale o come un modo di iniziare o mantenere una relazione con un altro significativo. E vengono anche scambiate fra amici per il loro valore di intrattenimento, come scherzo o per svago.
Più che trasgressione o patologia sembrerebbe esserci dietro qualcosa d’altro, quindi: “moneta relazionale”. Un modo di costruire rapporti, parlando anche di sessualità, e in modo esplicito. Se ci pensate niente di molto diverso da quel tipo di conversazioni che capitava si facessero nei luoghi “chiusi” in cui noi, da figli, ci trovavamo con i nostri amici: la cameretta, il muretto, il bar, ecc. Certo con la differenza che esiste tra conversazione faccia a faccia e comunicazioni mediate che consentono di gestire in modi diversi anche temi come questi. Da molti adolescenti, quindi, il sexting viene percepito come un modo “normale” di stare in società e quando viene percepito un fastidio si tende semplicemente a rimuovere i contenuti non lasciandoli risiedere in memoria e – dicono sempre le ricerche – quando ci si sente turbati o offesi da certi contenuti si tende a parlarne sia con gli amici che in famiglia. Dobbiamo quindi imparare a convivere anche con questa normalità comunicativa, magari anticipandola e parlandone noi per primi con i nostri figli, ricordando che ogni cosa va giudicata anche a partire da come la guarda chi la fa e non solamente con i nostri occhi di genitori. Certo i rischi esistono, inutile nascondercelo, come ci racconta la storia di Margarite, ragazza di 14 anni che vive in un sobborgo di Washington:
Un giorno lo scorso inverno Margarite ha posato nuda in bagno di fronte allo specchio, ha preso il telefono cellulare e si è fatta una foto. Poi l’ha spedita a Isaiah, il suo nuovo ragazzo. Si lasciano poco dopo. Dopo poche settimane, Isaiah ha inviato la foto a un’altra ragazza dell’ottavo anno, un tempo amica di Margarite. Verso le 11 di sera, quella ragazza ci ha schiaffato sotto un messaggio: “Se pensi che questa ragazza sia una puttana, allora invia questo messaggio a tutti i tuoi amici”. Poi apre il lungo elenco di contatti sul suo telefono e preme “invia”. In meno di 24 ore, l’effetto era come se Margarite avesse passeggiato nuda su e giù per i corridoi delle quattro middle school in questa periferia razzialmente ed economicamente diversificata di capitale dello stato, Olympia. Centinaia, forse migliaia, di studenti avevano ricevuto la sua foto e l’avevano trasmessa.
La tecnologia consente la replicabilità del messaggio e la possibilità di diffusione istantanea e molteplice, ma i comportamenti dipendono dalle persone. Storie come questa stanno lì a ricordarcelo.