Dalla lotta al Capitale a quella alla pedopornografia online. Un passo preciso, consapevole e a cui viene attribuito alto valore (non solo) simbolico del gruppo Anonymous, che ha messo in crisi nel passato Bank of America e Sony con azioni di hactivismo tese alla denuncia. Il gruppo ha esplicitato che il loro bersaglio in queste settimane è il web host Freedom Hosting accusato di ospitare consapevolmente contenuti pornografici con protagonisti dei bambini. Qui sono andati oltre la tecnica che solitamente propongono di coinvolgimento collettivo, quella di Ddos, “Distribuited denial of service”, cioè una richiesta di accesso di massa al sito/obiettivo per portarne al limite le prestazioni e arrivare al messaggio di indisponibilità del servizio.
Tutto comincia con l’individuazione di un “darknet site” chiamato Hidden Wiki (qui trovate uno screenshot che mostra i contenuti di questo wiki occulto), di fatto un contenitore di centinaia di siti undergorund che non sono ricercabili tramite browser, né visibili in modo semplice ai normali utenti del web. Qui Anonymous individua in particolare una sezione “Hard Candy” che contiene link a siti pedopornografici, lo rimuove e in pochissimo tempo viene rimesso online dall’amministratore del sito. A partire da questo comincia una “battaglia” esplicita. Come Anonymous dichiara nella ricostruzione dei fatti postata su Pastebin:
Our demands are simple. Remove all child pornography content from your servers. Refuse to provide hosting services to any website dealing with child pornography. This statement is not just aimed at Freedom Hosting, but everyone on the internet. It does not matter who you are, if we find you to be hosting, promoting, or supporting child pornography, you will become a target.
Buttando giù Freedom Hosting Anonymous ha eliminato più di una quarantine di siti pedopornografici, compreso “Lolita City” che, come raccontano, “contiene più di 100 GB di materiale pedopornografico”. A seguito dell’esame del sito hanno pubblicato 1589 nomi individuati di utenti.
In questo modo l’etica hacker e le azioni di hactivismo più “pure” si rinsaldano ad un’etica diffusa, ad un consenso allargato senza distinguo. Il principio usato è lo stesso che ha sostenuto l’hackeraggio della Sony ma i fini sociali ci sembrano più evidenti. Ad esempio in un articolo su Mashable, che richiede ai lettori di esplicitare in un commento cosa ne pensano, fioccano le approvazioni:
“This is what they should have been doing from the start. Helping the ones who are helpless” oppure “Anonymous are probably the only folks capable of doing anything constructive to break down the child porn industry on the net. More power to them!”.
E molti sono i siti che ne hanno parlato levando ogni dubbio di legittimità sull’azione. Azione che comunque lavora sul margine dell’illegalità ma la cui opera di denuncia la rende tollerabile, quasi necessaria.
[…] giorno fa, grazie a un articolo di Giovanni Boccia Artieri sull’attacco di Anonymous a un server, Freedom Hosting, reo di ospitare pedopornografia, ho […]