Com’è possibile la libertà artistica dopo la strage di Charlie Hebdo?
Una domanda centrale che Oliviero Ponte di Pino pone al convegno “Blasphemia. Il Teatro e il Sacro”, riproponendo la posizione di Wim Wenders sul senso della narrazione artistica – ripreso da un articolo di Salman Rushdie – che racconta:
nella nostra epoca complessa e disorientante era importante che nel narrare storie gli artisti evitassero accuratamente l’ironia. Ormai non potevamo più permettercela. Bisognava invece essere espliciti e cristallini, così che il pubblico, o il lettore, non avesse dubbi circa gli intenti dell’artista”. È questa la posizione da assumere nell’arte oggi? Uscire dalle metafore e farsi portatori letterari della realtà?
Dopo Charlie Hebdo emerge una realtà polarizzata, quella che abbiamo visto, da subito, nel contrapporsi in poche ore all’hashtag #JeSuisCharlie quello #JeNeSuisPasCharlie.
Da un lato i sostenitori della libertà di pensiero degli artisti riassumibile con Remo Bodei nell’affermazione:
il problema non è nella libertà degli artisti, ma nella suscettibilità dei credenti.
Dall’altra posizioni articolate che richiamano alla responsabilità civile degli artisti, come nelle parole di Michelangelo Pistoletto
Abbiamo acquisito un’autonomia straordinaria sul piano artistico, ma non basta. Ci vuole responsabilità perché questa libertà possa essere bene applicata. La libertà è illimitata. La responsabilità scandisce questa libertà nelle opportunità del reale. Viviamo un tempo in cui i contrasti tornano a esplodere. Dobbiamo trovare la capacità di mettere gli opposti in equilibrio. L’arte deve assumersi una responsabilità civile. Non deve approfittare della libertà per mancare di rispetto.
Nell’ultimo anno gli episodi di censura sono sempre più raccontati nella quotidianità dei media, spiega Ponte Di Pino, e vanno ad evidenziare una relazione tra la (ri)affermazione di un principio di libertà di espressione come centrale nel mondo dell’arte e il domandarsi problematicamente dove si collochi – e come si generi – la linea rossa da non valicare. Una “linea rossa” che è disegnata dall’intreccio di tre fattori: la sensibilità degli artisti, il collasso fra dimensione provocatoria e dimensione promozionale – da sempre esistente nel mondo dell’arte ma oggi ritematizzata in una direzione marketing oriented – , la dittatura del politicamente corretto che genera auto-censura.
Chiude Ponte Di Pino richiamando una consapevolezza riflessiva dell’artista circa il proprio gesto artistico:
Gli artisti sono consapevoli del contesto in cui operano e operano consapevolmente nel provocare, sapendo che possono spostare il senso comune e creare resistenze, spesso inaspettate nella loro esecuzione.
Il mio parere, a proposito di auto-censura per rispetto delle credenze altrui – e per cautelarci contro le loro recriminazioni -, è che dobbiamo esercitare piena libertà di critica e di satira nell’ambito del nostro mondo e nei confronti delle nostre proprie istituzioni, astenendoci scrupolosamente dal seguire gli stessi criteri – di libertà, di critica e di satira – nei confronti delle credenze e delle istituzioni di altri ambiti culturali, palesemente refrattari ai nostri fondamentali princìpi e diritti.
Francesco Introzzi