Endemol lo show del dono di morte


Se n’è parlato molto. Endemol e la tv olandese BNN (Bart’s Neverending Network) il 1 giugno metteranno in onda la prima puntata del programma “De grote donner show” – “Lo show del grande donatore”. Lisa ha 37 anni ed è malata terminale. Tumore al cervello. Deve scegliere assieme al pubblico a chi donare un suo rene tra tre possibili concorrenti tra i 18 e i 40 anni.

Sensibilizzazione mediale sulla donazione di organi? Show del dolore?
Due suggestioni: scambio simbolico e catastrofe.

Lo scambio simbolico e la morte.
Il consumo, la perdita, il sacrificio e la distruzione diventano più essenziali per la vita umana delle economie di produzione e di utilità – così Baudrillard a partire dall’economia generale di Bataille. La morte non è altro che una sfida radicale al sociale, ma è anche un atto iperreale, un simulacro, che partecipa fino in fondo alla comunicazione spettacolare di massa.

Oppure: sensibilità all’evento-catastrofe. E’ la sensibilità della comunicazione-evento, è con essa che abbiamo imparato a familiarizzare grazie all’esperienza degli eventi che i media ci presentano con coinvolgimento ed immediatezza, portando il punto di catastrofe nelle nostre vite quotidiane, facendo dell’allarme la condizione di normalità, abituandoci a cogliere l’elemento di conflittualità e di rovina dietro agli eventi che ci presentano. Siamo di fronte ad una molteplicità di rappresentazioni delle tensioni immanenti agli eventi. La tensione verso la morte è tra queste.

2 pensieri riguardo “Endemol lo show del dono di morte

  1. Sicuramente “irritativa” questa notizia. Soprattutto dal punto di vista dell’immaginario della catastrofe. Di solito la tratto dal punto di vista dell’evento catastrofico collettivo, un dramma sociale che si produce e che richiede la performance come strumento, comunicativo, di elaborazione simbolica. Ma qui si capisce ancora meglio che poi il dramma collettivo vero è la morte, come determinismo naturale che non puoi controllare o meglio evitare. Dove le pratiche rituali non ci sono più, non sono più come prima, sembrerebbe di capire che i media offrano un modo di esorcizzazione collettiva, anche se a distanza, di un evento catastrofico che ha a che fare con un singolo, che la “comunità” sta perdendo. Terribile e affascinante al tempo stesso.

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