Non ballare con gli sconosciuti

 

Oggi Giuseppe Granieri è stato ospite del mio corso di Sociologia dei New Media. Un’occasione per mettere a tema la necessità di analizzare e quale senso ha sperimentare in SecondLife oggi. Ottimi sunti e spunti di discussione ci sono già qui e qui e (update) qui.

La prospettiva di osservazione è stata quella dell’innovazione (vs. quella dell’impatto sociale, che ci farebbe concentrare oggi maggiormente sulla centralità dei social network).

Non mi soffermerò qui sull’interesse di SecondLife in quanto luogo in cui gli early adopters della cultura di Rete oggi risiedono; nè sulla possibile centralità futura di SecondLife che potremmo dedurre applicando le estreme conseguenze del principio di preferential attachment; e neppure sul fatto che SecondLife può essere vista come l’anti-commodity  di tecnologie di rete così quotidianizzate ed entrate nell’orizzonte cognitivo di chiunque da non poter rappresentare più il luogo possibile dell’innovazione.

Quello a cui mi ha fatto pensare la lunga conversazione di Giuseppe è a una duplice dimensione.

SecondLife è un meta-metaverso: contiene il “possibile altrimenti” dei mondi 3D – da land semplicemente persistenti a land di MMORPG; da chat del muretto a raffinate interazioni sociali tra avatar. La potenza dunque nella capacità di incarnare un orizzonte delle possibilità.

SecondLife a differenza degli altri mondi online si raccorda ai vissuti grazie alla capacità di ridare “corpo” alla comunicazione che si è virtualizzata nell’evoluzione mediale. Dentro SecondLife percepiamo nel corpo dell’avatar che la comunicazione si è fatta luogo e la sperimentiamo.

La risensorializzazione mediata della comunicazione è una via potente. E’ la differenza tra il chattare con chiunque della deriva anni ’90 e (come mi ha raccontato un avatar in una delle tante conversazioni “in world”) non ballare in SecondLife mai un ballo di coppia con qualcuno che non conosci bene.

E’ la corporeità della comunicazione che si risomatizza.

17 pensieri riguardo “Non ballare con gli sconosciuti

  1. Io sono un po’ meno convinta di Second Life, in particolare per quanto riguada la corporeità. L’ho trovato molto meno “immediato” e “reale” di quanto non sembri a sentirne parlare.
    ho il forte sospetto che sia più nella nostra interpretazione, nel nostro racconto di quel che facciamo su Second Life, che Second Life diventa un mondo meraviglioso, mentre all’esperienza diretta risulta piuttosto macchinoso, per quanto ricco di potenzialità ed interessante.
    Perfettamente d’accordo, invece, sulla questione del meta-metaverso, che ritengo sia la vera peculiarità di SL.

  2. @chiarac: io penso alla corporeità nelle limitazioni che tu dici. <cioè per me è il senso del corpo, di dare corpo alla comunicazione. Quella cosa per cui se uno si avvicina tu allontani l’avatar. E’ evidente che il eprfezionare sia il fotorealismo che la qualità dell’interazione darà forse un senso più profondo.

  3. Faccio outing: io non sono mai entrato in Second Life, però mi piacerebbe provare. Solo una volta. Tanto, poi, smetto quando voglio… Ne apprezzo le potenzialità (spiegate a lezione) ma confesso: ho fatto un po’ di fatica a lasciarmi comunque trasportare dall’entusiasmo granieresco quando ci raccontava che ballando con un avatar ci si può emozionare(perché non si dà subito confidenza come nella vita reale, ognuno come nella vita reale ha il suo perimetro di amicizia, ecc.) e così dar corpo alla comunicazione. Credo – ma lo dico da un punto di vista consapevolmente esterno – che manchino ancora alcune componenti fondamentali… Uso l’immaginazione: una sorta di naso elettronico, per esempio, che ci aiuti a capire l’essenza di un avatar/persona (incredibile quanto l’odore di una persona a volte riesca a tenerti lontano quando si balla).
    Faccio un altro esempio (che probabilmente esce dal tracciato ma che per me è fondamentale): se io sono bastardo, se voglio, su Second Life non faccio vedere che sono bastardo. Perfetto. Ma così inganno potenzialmente chi ha un rapporto con me. E questo mi fa paura, perché nella vita reale – l’attuale, almeno – la corporeità rappresenta da questo punto di vista un aiuto prezioso. Il corpo parla anche quando la bocca è chiusa. Da questo punto di vista, coreografia a parte, non vedo una grossa evoluzione dalle chat o simili. Mi chiedo: come si fa a costruire un rapporto sincero con una persona che non vedi realmente? In SL si è destinati ad ottenere solo rapporti mordi-e-fuggi, di gioco, di servizio o con persone che già conosci per fama ( e quindi sono più o meno attendibili) o nella vita reale?
    PS: Sono le 2.06, scusate se ho scritto delle stupidate, ma volevo capirci di più. Grazie

  4. Io rimango dell’opinione “chat con i pupazzi” e provo a spiegare perché.

    Se la comunicazione è un luogo allora lo è nella scrittura, nella stampa, nelle chat ed in Second Life.

    Certo in Second Life è impossibile non capire che la comunicazione si è fatta luogo.

    Dal punto di vista teorico i corpi che si osservano in Second Life non sono più reali di quanto lo siano i corpi descritti con il solo uso del testo di un personaggio di un MUD o di qualcuno che si descrive in chat.

    Sempre di comunicazione sono fatti.

    Si potrebbe obiettare che il punto non è nell’osservare corpi ma nell’averne uno nuovo tutto tuo.

    Un secondo corpo.

    Ma anche in questo caso il nostro corpo di Second Life non è più reale del nostro profilo su Facebook.

    Entrambi sono e restano fatti di comunicazione.

    E questo non significa che la comunicazione non sia reale o che nella comunicazione non si possano provare sensazioni ed emozioni anche forti.

    Il disagio che si può provare nel ballare in Second Life con uno sconosciuto è estremamente reale. Allo stesso modo lo è il fastidio e la sensazione di invasione della privacy che si può provare se qualcuno tocca il nostro secondo sedere senza il nostro permesso.
    Reale allo stesso modo del disagio ed il fastidio che si poteva provare ad essere stuprati in LambdaMOO nel 1993.

    Detto questo rimane inteso che se l’esplicitazione che Second Life fa del fatto che la comunicazione è un luogo dovesse servire anche ad una sola persona a capire questa cosa, allora ben venga Second Life.

  5. @FG: è evidente che la visibilità del “prendere corpo” della comunicazione non è dovuta all’avere un avatar/puppet ma dal percepire una risensorializzazione della comunicazione che le tecnologie mediali nel loro percorso evolutivo stanno riportando al centro.

    Provo a spiegarmi. La comunicazione ha prodotto una sua strategia evolutiva che l’ha resa “potente” in quanto capace di sganciarsi dal soma. Si è fatta astrazione e generalizzazione. Ha operato attraverso la virtualizzazione. E’ diventata “luogo”.
    Ora, è come se si producessero modi “percepibili” dell’abitare, ad esempio attraverso mondi metaforici, che consentono di rendere diffusa e condivisa la natura di comunicazione-luogo. Il che rende “cocreto” l’astratto a livelli sempre più di massa.

    La differenza allora tra l’abitare attraverso un secondo corpo questi territori e il profilo di faceboock sta forse nella possibilità di giocare meglio una oscillazione tra realtà reale e realtà della comunicazione, garantire margini diversi di riflessività.

    E’ evidente che il meccanismo dal punto di vista della comunicazione non è diverso dal senso di fastidio e di invasione della privacy che si prova se ti scrivono “stronzo” sulla porta di casa. Ma sul lato dell’individuo a me interessa come nuove possibilità possano essere generate introducendo una necessaria oscillazione osservativa tra l’io ed un secondo sé (non è proprio così, ma è per capirsi) avatar.

  6. Ci sono due cose che ha detto Giuseppe che mi sono annotata, che continueranno a lavorare nella mia testa (e non solo)
    – la prima cosa è che la mancanza di una narrazione, che caratterizza second life, non è un limite, ma una ulteriore possibilità (per giuseppe, per la creatività dei residenti, ma aggiungerei anche per la comunicazione)
    – in sl c’è una strana centralità del corpo e dello spazio, del controllo dello spazio. Lo testimonia anche il fenomeno del prendere casa in sl, ossia di delimitare e costruire uno spazio proprio, come mi faceva notare ieri sera anche Roberta Greenfield. Resta il fatto che questa centralità del corpo e dello spazio (della materia metaforica) è paradossalmente tutta costruita nella mente (alla faccia del soma), e da lì informa il corpo e le sue emozioni. E da quel momento quel corpo concreto, e quelle emozioni incarnate, non saranno più gli stessi.

  7. riproponendomi di tornare poi a commentare con meno fretta mi piaceva sottolineare la fisicità che anche un profilo di Facebook può assumere con un video (http://www.youtube.com/watch?v=mvepYYNjfBk). Il discorso è secondo me complesso e deve poter rendere conto di questo ma anche ( 😉 ) delle effettive conseguenze che il pupazzo porta con se. Il punto è che questa riconquistata centralità del corpo passa da una sua ricreazione postorganica… ergo comunicativa.
    La domanda quindi è: perchè pur potendo chattare delocalizzati dentro i mondi virtuali gli avatari ricercano una prossimità visiva?

  8. La butto li.

    Sul fatto di percepire come nostro il corpo di Second Life, e se fosse un fattore culturale?
    Mi spiego prendendola larga.

    Noi ci riconosciamo nelle fotografie perchè abbiamo fatto esperienza dello specchio; ci sono popolazioni che pur vedendosi riprodotte nelle fotografie, non si riconoscono.

    Guardiamo la tv, e vediamo altri (ma anche noi stessi) muoversi, vivere in uno schermo.

    Almeno una volta abbiamo fatto l’esperienza di videogiocare, dove dobbiamo difendere il nostro “omino” dai nemici ma anche dagli ostacoli. Quindi impariamo a muoverci dentro questi giochi e a riconoscere figure umanizzate anche se fatte di 0 e 1.

    Poi arrivano i mondi online, che nel caso di Second Life non hanno una “missione” vera e propria (a parte magari la ricorsività della comunicazione).
    Il meccanismo è lo stesso di comandare il nostro “omino virtuale” nei videogiochi.
    E’ evidente che non sono io quello sullo schermo, ma come difendevamo Mario dai funghi perchè sennò si rimpiccioliva la prima volta e moriva la seconda, facciamo muovere l’avatar nelle land.
    Il meccanismo di immedesimazione in fondo non è nuovo: nei videogiochi se comando Scorpion, e viene sconfitto da Sub-Zero, dirò che “sono morto” e non che “Scorpion è morto”.

    Questo per quanto riguarda il percepire il corpo.

    La conseguenza dell’allontanare l’avatar o sentirsi a disagio se uno è nudo, penso sia dovuto a questa immedesimazione in relazione alla socializzazione che abbiamo avuto.

  9. Che dire: bellissimo dibattito. Le posizioni mi sembrano tutte chiare e ulteriormente tematizzabili.
    Su media e corporeità solo una annotazione: i media hanno a che fare con la corporeità del nostro compatto mente/corpo. Una lettura delle mutazioni mediali a partire del corpo è una sfida interessante.

    Tale relazione va osservata così come si è sviluppata nell’intreccio fra 1. la consapevolezza di una realtà mediale contemporanea tesa fra le suggestioni mediologiche di una natura protesica dei media – media come estensione del corpo (McLuhan) – e il sovrastare dei linguaggi psicomotori, riportati al centro in particolare dai nuovi linguaggi mediali, rispetto ai linguaggi cognitivi di stampo scritturale e schermico e 2. l’emergere di un immaginario tecno-corporeo che nella produzione dei media ha costruito un luogo privilegiato, sia per la società che per l’individuo, di pensarsi corporalmente.

  10. io al solito torno indietro.
    sl come “possibile altrimenti” mi fa ritornare in testa l’idea che i media, intesi come “spazio” e situazione comunicativa, sono sempre l’offerta di un altrimenti. Un altrimenti rispetto al proprio mondo, al proprio passato, al proprio futuro, alla propria identità, ma anche rispetto a un altro spazio di comunicazione.

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