Sulla liquidità di un certo pensiero

//Exolucere – “Liquid” spill

Quando gli intellettuali (ri)producono conoscenza scientifica attraverso slogan del mainstream saggistico, il rapporto con il lettore viene dirottato tra i marosi della banalizzazione, ondate in cui si rischia di affogare mentre si è felici nel pensare di aver ottenuto una qualche chiave di interpretazione del mondo.
Così Carlo Carboni – che prendo a pretesto – oggi sul Sole24Ore pone un forte interrogativo sulla correlazione fra crescita del PIL e aumento del disincanto in merito alla democrazia. Perché le democrazie del benessere si accompagnano a bassi livelli di partecipazione?
Si dice:

La “società liquida” teorizzata da Zygmunt Bauman ha letteralmente liquefatto l’idea di società, mentre i processi di democratizzazione della vita quotidiana hanno proiettato individui a operare scelte civiche, di fatto, sempre più separate dagli interessi collettivi e dalla democrazia minima.

Ora, dire che la società si è liquefatta è una sbrigativa scorciatoia di un pensiero accessorio e semplificatore. Rappresenta l’incapacità di dare conto della complessità assunta dal mondo e corrispettivamente dalla conoscenza scientifica; è la rassegnazione ad utilizzare le categorie del moderno ma con segno negativo: la famiglia? È liquida! L’amore? È liquido.

L’amore non si è liquefatto, ha mutato la sua semantica diventando “passione”. I legami sociali non si sono liquefatti ma de- territorializzati, soggetti a scomposizioni e ricomposizioni ricorrenti, capaci di incarnare la contingenza dei vissuti.

Se la capacità di astrattizzazione e riflessione di un certo pensiero si è liquefatta è un altro discorso.

3 pensieri riguardo “Sulla liquidità di un certo pensiero

  1. Secondo me non è una maniera sbrigativa, perchè definire liquida la paura, l’amore, la vita, la modernità è un ottimo modo per rendere accessibile un’interpretazione della contemporaneità: il concetto diventa un’immagine stimolante, familiare, originale.
    Dicendo invece “mutazione semantica” si ha l’impressione di dover comprendere qualcosa di ostico e polveroso.
    In tanta complessità se c’è un intellettuale che ci fornisce una chiave accattivante, non semplicistica, per poter comprendere il fenomeno globale, ben venga.. altrochè!

    Più che per le categorie io me la prendo con certi brand: primo tra tutti il famoso 2.0 del web, che non è altro se non il nome affibiato da qualche esperto per mandare avanti un progetto che di fatto non presenta quella rivoluzione che vogliono far passare.
    Web 2.0 per me è un modo per vendere, anzi creare prima e poi vendere un bisogno di socialità..
    Riprendendo il secondo commento di questo post direi che a questo punto che mi aspetto qualche vicino di casa che mi elenchi tutti i pregi del nuovo ascensore 2.0 in cui stiamo parlando… semmai solo perchè qualcuno ha attaccato un foglio bianco vicino alla pulsantiera dove poter scrivere consigli e lamentele all’amministratore (potendole poi votare, commentare, lasciare una foto, un cd…).

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