Fenomenologia dell’empowerment del consumatore e il 1 maggio

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Che il consumatore trovi oggi maggiormente tutelati i suoi diritti è un’evidenza.

Il supporto alla vendita on line, l’assistenza on demand, la prospettiva customer satisfaction oriented sono sotto gli occhi di tutti. La “macchina” organizzativa funziona. I fallimenti, allora, sono soli dell’umano?

Per capirlo occorre un approccio etnografico con spiccata attenzione fenomenologica.

Cominciamo dall’inizio.

Il giorno 27 aprile spedisco tramite DHL il mio portatile Toshiba Satellite Pro V400 che è in garanzia. E’ la seconda volta che lo mando in riparazione per lo stesso problema: lo schermo diventa opaco, come se la luminosità sparisse, e posso lavorare solo attaccandolo ad un monitor esterno. L’altra volta hanno cambiato il “FL INVERTER” ma come mi hanno detto al call center quando ho chiamato questa volta: “eh… ci sono un po’ di componenti lì attorno. Magari non era quello”. Vabbè. Non è questo il punto.

Oggi pomeriggio, 30 aprile – sì, ci vogliono 3 giorni di corriere per fare 399 KM (google maps certified) -, trovo in segreteria telefonica una chiamata della Toshiba che mi dice: “al posto del suo computer nel pacco c’è una macchina del caffè. Telefoni lunedì al sig. XXX al numero XXXX”.

Ora: sono poco dopo le 17 e chiamo subito il call center della Toshiba dove una signorina, con estrema gentilezza da precaria – magari non è così ma io ai call center me li immagino sempre in questo modo: precari – che provano a passarmi l’ufficio delle consegne. Poi riprendela linea perchè non c’è nessuno. devo proprio chiamare Lunedì il sig. XXX. Mi irrito, ma leggermente. Capisco che domani è il 1 maggio. Che sabato non si lavora. Che sono le 17 passate da poco. Ma se lei, la precaria, lavora… Giusto. Forse lavorano anche alla DHL, pensiamo io e la precaria e, sempre gentilmente, mi dà il numero (a pagamento) del corriere.

La risposta della precaria del corriere DHL è immediata – credo che siano soprattutto donne, abbastanza giovani, con capacità di coprire con i vari turni un largo tempo, tanto da dare garanzie all’empowerment del cliente.

Mi chiede il numero di pratica. Glie fornisco. Mi dice che il pacco è arrivato. Mi trattengo: gliel’ho detto io che era arrivato con la caffettiera. Poi mi chiede la marca della caffettiera. Vabbè. Almeno cosa c’è sul pacco sbagliato. Vabbè. Non lo so perché il pacco non ce l’ho io.

Mi spiega che non è il primo pacco che si perde né sarà l’ultimo. Mi spiega però che io non posso fare niente: mica pago io il servizio DHL, quindi non sono parte in causa. La cosa si fa interessante: l’empowerment del consumatore fa sì che tu non sei parte in causa delle transazioni e nemmeno delle transizioni: esse transitano oltre te.

Sì perché, mi spiega, che non può aprire una pratica perché “chi paga” il servizio è Toshiba: l’empowerment del cliente garantisce che siccome sono in garanzia tutte le spese sono a carico della ditta. Dunque… fino a quando non chiamano loro… niente.Non devo preoccuparmene io. E’ un problema loro. E, mi spiega, se si perde il computer sono loro ad essere risarciti.

La precaria, sempre gentile – anche un atteggiamento “gentilezza oriented” è una prerogativa sul lato azienda che corrisponde all’empowerment del cliente – mi fa notare che lei lavora fino alle 19. Quindi dalla Toshiba, se è per lei, fanno ancora in tempo a chiamare e a fare aprire la pratica, così lunedì si sa già (forse) che fine ha fatto il pacco.

Ritelefono alla Toshiba rassegnato a ricominciare da capo a spiegare il tutto con un nuovo referente di call center. Invece risponde la “mia” precaria alla quale spiego tutto e mi chiedo, visto che lei lavora, se non c’è qualcun’altro che lavori che possa aprire la pratica. Mi passa l’ufficio consegne, quello in cui non c’era nessuno… e infatti non c’è nessuno. Io sono abbastanza irritato. Lei mi spiega che mi fa richiamare lunedì. !Alle 8 e mezza mi aspetto una telefonata del sig. XXX L” dico. “Qui cominciamo alle 9” dice lei, con voce dimessa da precaria – l’empowerment del consumatore insegna che “il cliente ha sempre ragione”, ma magari nei dettagli… si può, ecco, diciamo, precisare la mezz’ora.

L’empowerment del cliente prevede che uno possa irritarsi, arrivare magari all’insulto: è previsto. gentilezza, richiamo alle regole organizzative, ecc. prevedono il tutto: lo incorporano e lo smontano. L’empowerment del cliente è “incluso” nei meccanismi organizzativi, quindi allo stesso tempo è supportato e disinnescato.

Poi mi ricordo che ho un blog. E’ allora che decido di raccontare la mia micro storia. E questo gesto ha a che fare con un empowerment del consumatore che ha una “qualità” diversa.

PS Buon 1 maggio a tutte le precarie e i precari 🙂

Update.

Ho sempre letto quei post che informano di un disservizio, di una mancanza, che esprimono una lamentela… e che poi non fanno sapere come va a finire. Continuo qui, per gli interessati e per completezza, il mio resoconto.

Lunedì 3 maggio

Aspetto (vi ricordate?) la telefonata promessa di L. dopo le 9. Non ricevendola alle 9.20 chiamo. Lascio messaggio nella sua segreteria. Un secondo messaggio. Sulle 10 lo trovo. Mi dice che lui non sa niente e che si occupa di spedizioni e non di ricezione pacchi, ma poichè in ufficio oggi non c’è nessuno forse avranno indicato lui. Molto gentilmente prova ad informarsi da suo call center, si fa rispiegare da me tutto e dice che contatterà lui Toshiba e mi farà sapere.

Lunedì passa.

Martedì 4 maggio

Non avendo ricevuto nessuna news richiamo L. Non c’è e lascio messaggio. Alle 11 mi chiama una “precaria” Toshiba. Si accerta che io non abbia spedito una caffettiera pensando fosse un computer. Le descrivo la scatola usata (scatola Toshiba), produco il nome di testimoni (colleghi LaRiCA che mi hanno visto uscire dall’ufficio con la scatola per il corriere) e di osservatori occasionali (i bidelli all’ingresso che mi hanno visto parlare con un uomo vestito da corriere che ha preso la scatola rilasciandomi una ricevuta). Si scusa e dice che questa è la rpocedura e che adesso attivano la pratica alla DHL. pensavo l’avessero già fatto. Vabbè.

Ore 15.04. Mi telefona DHL e mi chiede se per caso ho spedito un pacco alla società XXX (quella che ripara il mio PC). Dico di sì. Mi chiede (non è un precario, credo, perchè ha la voce di uno che deve sbrigare una grana) cosa ho spedito. Dico un PC. “Si, volevo una conferma… Ma ha avuto problemi con la spedizione?” E’ allora che gli chiedo se sta scherzando e lo informo che il PC non è mai arrivato e che la spedizione è della Toshiba. “Si” mi dice “c’è stato una problema nell’attribuzione dei pacchi. Ma abbiamo capito l’inghippo e lo risolviamo…” Mi ricontatterà. In attesa che l’inghippo si sbrogli.

Mercoledì 5 maggio

Passa senza nessuna news.

Giovedì 6 maggio

Nessuno mi chiama per farmi sapere niente. Possibile?

Telefono alla DHL. Rispiego il tutto alla precaria di turno. E’ l’una e passa. Ne ha pochissima voglia. Miridice che è responsabile Toshiba e che a me non dicono niente e bla bla. E’ allora che le urlo (gentilmente) che IO sono il proprietario come risulta anche dalla pratica che hanno in mano. Mi dice di stare calmo e annota il mio cellulare. Mi dice anche che dalla pratica risulta ancora smarrito e, sveltissima, mi mette in attesa perenne finchè cade la linea. Come diceva Masini a suo tempo?

Venerdì 7 maggio

Aspetto.

La mattina, per fortuna, sono al dottorato del DAMS di Bologna a parlare con colleghi e dottorandi di UGC, culture convergenti, farsi media e remix culture. (tra parentesi: se le occasioni di confronto sono sempre così ben vengano!)

Alle 18 chiamo TOSHIBA, Rispnde UN precario. Rispiego. Ma poco… mi ferma subito. Aspetti un secondo, dice. Mi passa il responsabile del call center: Pierpaolo Benini. Un nome. Un contatto “reale”. Dico il nome perchè me lo ripete almeno 3 volte durante la conversazione al fine che lo memorizzi come referente per ogni informazione.

Si ricorda la pratica. Mi dice subito che è risolta.”Come?” dico. Mi dice che è la prima volta che in TOSHIBA si trovano a riparare caffettiere e tutto l’ufficio conosce il caso. Mi spiega che DHL comunque era responsabile e avrebbe acquistato un computer nuovo. Si giustifica nel non avermi avvertito lui “perchè il caso è anomalo, non ci capita praticamente mai e non abbiamo noi una procedura”. Mi legge la mail dove una responsabile DHL (fa nome e cognome) gli comunica ieri alle 11 di mattina gli comunica di aver recuperato il PC e chiede conferma di dove spedirlo. Tra stasera e lunedì dovrei poter già trovare online la pratica da seguire (trasporto DHL permettendo). Tutto è bene quel che finisce bene? Sarà il caso di rifletterci ancora. Per ora è finita.

Poi penso: “cazzo, devono rispedirmelo”

12 pensieri riguardo “Fenomenologia dell’empowerment del consumatore e il 1 maggio

  1. “Mi hanno visto parlare con un uomo vestito da corriere”.
    Appunto: “vestito da”.
    Chissà in realtà chi fosse…siamo certi che non sia tutta una sorta di complotto?
    A questo punto io andrei sui principali forum che parlano di DHL e comincerei a fare terrorismo 2.0 diffondendo mirate lamentele sulla situazione…poi vedrei se hanno anche una page su Facebook e farei lo stesso…a quel punto, non contenta, scriverei anche su Twitter e Facebook (status) di questa vicenda…
    Alla fine forse non cambierei nulla, ma ci sono momenti in cui un po’ di sano buzz virale vendicativo sarebbe perfetto.

  2. C’è del marcio in DHL.
    Ecco cosa sta succedendo: stanno subdolamente cercando di capire quale modello di computer fosse precisamente, così da comprarne un altro identico da spedire indietro…e nel frattempo qualcuno si gode a casa un computer non richiesto.

  3. Successo anche a me.
    Schermo opaco.
    2 volte (la prima a un mese dalla mia laurea).
    Cambiato Inverter. Una volta. Cambiato inverter, la seconda. Niente caffettiera. Nessuna delle due volte.

  4. Esilarante: “è la prima volta che in TOSHIBA si trovano a riparare caffettiere”. Per come è espressa grammatcailemnte la cosa significa che comunque lui sapeva che in Toshiba ci hann odavvero provato! 🙂

    Adesso però ci vuole una nuova storia a puntate…

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