Morale pubblica connessa
Nell’epoca dei contenuti generate degli utenti, in cui è possibile produrre e mettere in circolo materiali diversi, il rapporto tra appartenenza ad un sito di social network o ad una piattaforma di condivisione di contenuti e policy del sito/piattaforma sui temi da condividere è un nodo centrale.
Nodo che viene al pettine quando in un’epoca in cui la morale pubblica è connessa sono i tuoi “friend”, coloro che hai accettato nella tua rete di connessioni, a valutare quanto sia “moralmente” corretto ciò che pubblichi.
Capita allora che posti un video su Facebook e puoi trovarti una mattina una mail così in posta:
Hello,
You uploaded a video that was reported for violating Facebook’s Terms of Use. After reviewing the video, we have decided to remove it. Facebook removes reported videos that are hateful, threatening, graphic, or that attack an individual or group. We also remove videos that are not of a personal nature, meaning they were not created by and do not feature either you or your friends. Continued misuse of Facebook’s features could result in your account being disabled.
If you have any questions or concerns, you can visit our FAQ page at http://www.facebook.com/help.php?topic=wvideo
The Facebook Team
La cui conseguenza immediata è:
Ciao,
I nostri sistemi indicano che hai fatto un uso improprio di alcune funzioni del sito. Questa è un’e-mail di avviso. L’utilizzo improprio delle funzioni di Facebook o la violazione delle Condizioni d’uso possono portare alla disattivazione del tuo account. Ti ringraziamo in anticipo per la comprensione e la collaborazione.
Per ulteriori informazioni, fai riferimento a questo http://www.facebook.com/help.php?page=421.
Il Team di Facebook
Immaginiamo che “i nostri sistemi” che indicano l’uso improprio siano segnalazioni che provengono dalle persone (i “friend”) che Facebook, a scanso di equivoci, prende per buone. Perché se hai offeso qualcuno e questi segnala di essere offeso tu togli la cosa che offende. Semplice. Trasparente.
La conseguenza è che adesso tu che hai postato qualcosa per cui qualcuno si è sentito offeso rischi la chiusura del tuo account sul sito di social network, cioè di perdere non solo la tua identità online ma i contenuti prodotti da te e dagli altri nel tuo profilo, le conversazioni, ecc.
E questa possibilità di sanzione (cancellazione) ti viene specificata “dentro” al tuo profilo, a monito “panottico”: sappi che ti osserviamo.
E’ questo che è capitato a Paolo Palmacci (aka Neupaul Palen), ora sotto la sapda di damocle di Facebook, per aver caricato un video da lui prodotto “Silvio has a dream” il cui contenuto ha a che fare con una pratica artistica di satira sociale che utilizza una tecnica di remix di video tratti da documentario o telegiornale.
Lo riporto per completare il quadro.
[YouTube=http://www.youtube.com/watch?v=zegBcF4N2J0]
Ora: si pone un doppio problema sulla pratica censoria di Facebook. Il primo è relativo ai segnificati veicolati, il secondo ai contenuti utilizzati.
Sul primo versante la risposta può venire solo dalla capacità di generare una morale pubblica connessa che sappia crescere attraverso partiche mediali che non hanno nulla di nuovo sotto il profilo delle forme di comunicazione veicolte dai media di massa: avete presente blob?, ma che si trovano di fronte i nuovi pubblici connessi.
Sull’uso pubblico di materiali sotto copyright occorre aprire, anche in Italia, un dibattito serio sul fair use.
Il resto ha a che fare con l’abitare un nuovo territorio in cui la cyberborghesia cresce imparando giorno per giorno.
Vista la popolarità di Facebook, la sua gestione dilettantesca degli utenti e la propensione alla censura “democratica” saranno come un utile corso rapido di massa sulla natura della Rete, i rischi del controllo centralizzato, la necessità di avere il controllo dei propri dati e di esigere trasparenza ai fornitori di servizi.
credo anche io che la crescita esponenziale di aderenti ai sSN e la “normalizzazione” d’uso saranno una bella palestra per “scontrarsi” con temi cruciali come il rapporto tra libertà e controllo, privacy/essere in pubblico, copyright, ecc.
Una censura democratica credo non possa assolutamente essere anonima. Io non so chi e perchè ha segnalato il mio video. Ho ricevuto una mai assolutamente generica che non mi permette di capire esattamente la mia presunta violazione. Questo è dilettantesco come scrive Federico e come asserisce anche Zambardino sul suo blog.
Paolo, concordo assolutamente: c’è un comportamento “dilettantistico” di Facebook a fronte di un supposto “dilettantismo” della nostra cittadinanza digitale. Come dire: siete entrati in un territorio in cui ci sono regole e noi vi diciamo, in modo non trasparente, come gestirvi. Una sorta di “ospitalità” digitale.
Ecco: credo che una trasparenza di gestione delle regole a fronte di una trasparenza di dichiarazione delle regole sia alla base di uno statuto di “cittadinanza” che nel digitale dovremmo avere.
cyberborghesia non l’avevo mai sentita 🙂
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[…] e fuori luogo. Sono gli effetti collaterali implicati nell’ascesa della cyberborghesia che ben racconta Giovanni Boccia. E toccherà pure riflettere su questo, Giovanni: cosa produrrà l’avvento di […]