Cancellare Google: libertà in Rete e responsabilità connessa

È partito tutto dalla Rete, con Gregorj e Loska (il fatto che sia anche una mia studentessa è puramente casuale, ma, in fondo, tout se tien) che dal blog giornalettismo hanno portato nell’agenda dei media l’attenzione su due video choccanti nei quali i compagni di scuola deridevano, insultavano e picchiavano un ragazzo down. Ne hanno parlato fino a farli cancellare e portare la cosa sui media mainstream, che hanno beatamente ignorato ogni funzione della blogosfera e parlato solo della “cosa scandalosa”.

Fin qui una storia che mostra come esista anche una forma auto-regolativa della Rete, una responsabilità connettiva utile e capace di incidere.

Oggi quattro dirigenti di Google rischiano il carcere perché accusati di concorso in diffamazione e violazione della privacy.

Come scrive l’Internazionale riprendendo il Times:

I pubblici ministeri accusano Google di negligenza per aver permesso il caricamento su uno dei suoi siti di un video che mostrava un episodio di bullismo a scuola contro un ragazzo disabile. La società californiana dichiara di aver cancellato il filmato poco dopo essere stata informata della sua esistenza. Ma secondo l’accusa, Google era a conoscenza del video da molto prima di quando ha deciso di intervenire.

E comunque, sostengono i PM, è una questione di “responsabilità” e non di “libertà”.

Appunto.

Responsabilità di chi? Di chi gestisce il luogo nel quale viviamo connessi, nel quale produciamo e distribuiamo i nostri contenuti, nel quale sviluppiamo e partecipiamo a conversazioni, ecc.? Oppure di coloro che transitano nel luogo e commettono crimini? Per dirla con Vittorio

con i social media il principio di responsabilità della pubblicazione slitta dai responsabili del servizio e della piattaforma a coloro che l’hanno fatta, alla responsabilità del singolo

Oppure, e per capirci: in era pre-digitale la pedofilia ha sfruttato massicciamente il sistema postale per i propri scopi e nessun processo è stato intentato ai vertici delle poste italiane. Avrebbero forse una responsabilità morale le poste?

La Rete non va pensata come un medium, né come se fosse una testata giornalistica … o se volete pensare che lo sia lo è in modo diverso: è un luogo e allo stesso tempo un modo di abitare il mondo.

Il nodo a questo punto mi sembra, oltre che giuridico, culturale: è dalle parti della cultura della Rete che combattiamo una battaglia che è sì di libertà di espressione (segnalo gli interventi dei Ninja e di Mafe ) ma è soprattutto una battaglia di libertà di cittadinanza connessa, fatta di produzione e circolazione di contenuti prodotti dagli utenti.

Colpire le piattaforme che consentono la pubblicazione e la diffusione per il fatto che lo fanno significa utilizzare logiche “moderne” per un ambiente che ha caratteristiche completamente diverse da quelle di una “testata” giornalistica e che richiama principi di responsabilità nuovi. Per questo il caso di Google rappresenta non solo una questione legale ma una battaglia di cittadinanza digitale.

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