Geoff Andrews, giornalista e docente inglese che si occupa della politica italiana e dei risvolti mediali della stessa, ha organizzato un convegno dal titolo “Berlusconi and Beyond: Prospects For Italy” nel quale sono state lanciate 10 domande al centro-sinistra italiano.
L’ottava dice più o meno così: “Perché non c’è un reale interesse né capacità nell’usare i nuovi media” da parte del centro-sinistra italiano?
Domanda interessante per un partito sempre più a circuito chiuso.
Tra le risposte possibili vorrei tentarne una che ha a che fare con ragioni storiche e culturali del nostro Paese. Un Paese che ha visto e vede la contrapposizione politica centrata sul controllo di vecchi modelli mediali egemonici, quelli che sono percepiti come modelli di controllo dei vissuti individuali e collettivi. Il paradigma stampa/televisione è alla base di questa visione e il presidio di questi territori è considerato centrale. La televisione e la sua connotazione popolare si è progressivamente trasformata da fattore di sviluppo di consapevolezza (comunicativa) a distanza del mondo e di partecipazione collettiva di massa (penso a quello che mostrano gli studi sulla funzione pedagogizzante esercitata dalla paleo-tv) a forma di regresso.
I tentativi di controllo delle agende di stampa e tv da parte di élite ha la funzione di mettere in scena racconti dei vissuti individuali e collettivi sottraendoli ai contesti relazionali vivi che queste élite non sono più capaci di rappresentare.
Un tale modo di concepire la funzione egemonica dei media fa sì che le esperienze relazionali, interattive e partecipative che provengono da territori neo-mediali (blog, siti di social network ecc.) vengono non solo inibite ma spesso osteggiate. Oppure tollerate, ma solo se riconducibili entro le maglie dei linguaggi “primitivi” dei media di massa. Come quando un politico utilizza Twitter come fosse un comunicato stampa per raccontare luoghi “veri” in cui va a incontrare la gente, vera anch’essa.
Per questo motivo si va a Sanremo. Per presidiare il paese reale. O meglio: la sceneggiatura spettacolarizzata dello spirito di massa. Quello pensato da élite cresciute nel connubio tra organizzazioni ideologico-politiche novecentesche e alfabetizzazione dei media di massa. E che queste élite richiedono di rappresentare così come loro lo pensano.
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Hai perfettamente ragione. La politica del PD non sa più stare nel contesto delle relazioni “locali” (i circoli sono semideserti, temo), ma non sa nemmeno aprirsi a nuovi contesti relazionali “mediati”. Si limita a frequentare vecchi dispositivi unidirezionali e di massa, in modo spesso inefficace, dimenticando che questo terreno è presidiato dalla soverchiante potenza di fuoco berlusconiana. Se nonostante questo, il consenso di Berlusconi diminuisce, beh, vuol dire che governa proprio male…
saluti
Debora Serracchiani ha usato il web .Possono farcela. Lo vogliono?