Facebook, ed era ora che qualcuno lo scrivesse, è sinonimo di vacuità e superficialità. Io non mi ci sono mai iscritto innanzitutto per una questione di privacy, e poi perché non voglio correre il rischio che qualcuno rubi i miei dati personali, o perfino la mia identità, come ho letto più volte sui giornali. Una sera, mentre navigavo in rete, mi sono perfino imbattuto nel gruppo dei miei ex compagni di liceo. Ho fatto il conto. C’erano tutti. Mancavo solo io. Quando saltabeccando da un profilo all’altro mi sono trovato davanti a quello di Letizia, ho immediatamente cambiato pagina.
Sono i pensieri di Alberto, protagonista un po’ nerd, del nuovo romanzo di Giuseppe Culicchia “Ameni inganni”. È solo l’inizio, ma mette in campo tutto: pregiudizi assorbiti dai racconti mediali su Facebook, timori personali e paura di gestire visibilmente (in superficie?) i rapporti sociali. Culicchia costruisce la sua narrazione spingendo l’acceleratore sulle forme rituali del presente che incorporano anche il modo che abbiamo di stare in Rete e ne mostra inquietudini e distorsioni vissute anche come normalità.
Il senso di questa sua narrazione lo approfondiremo assieme durante un incontro al Salone internazionale del libro di Torino. Se siamo fortunati potete vederci in streaming.
È anche l’occasione di partecipare all’iniziativa Donabol che permette di segnalare la propria playlist di libri da regalare alle biblioteche di 4 scuole delle città di Milano, Napoli, Palermo e Torino (le conversazioni al proposito crescono in Rete attorno a all’hashtag #donabol).
Questa è la mia lista di libri da regalare. Ho pensato che molti “classici” li avessero – anche se almeno uno non doveva mancare: il resto è apertura al mondo e alle sue visioni, anche a fumetti.
Me lo segno. Buona lavoro!
Se, vabbè… Buon, non buona. Perdono, Jo.
Non so dove questo ci porterà, ma è una piccola leva che potrebbe muovere grandi cose.
Il titolo di questo post mi ha fatto venire in mente i risultati di una ricerca qualitativa dello scorso anno sull’uso di Facebook fra gli studenti ai primi anni dell’Università Milano-Bicocca. Dalle interviste è emersa una forte tendenza a criticare Facebook, descritto proprio come luogo di intrattenimento vacuo e relazioni superficiali basato sull’esibizionismo, e a giustificarne l’uso in termini soprattutto funzionali (“almeno risparmio i soldi degli SMS”, “lo uso per stare in contatto con le persone lontane e i vecchi amici”)… Noi ne abbiamo dedotto (forse siamo stati un po’ critici) che il boom di facebook in Italia va trattato con le pinze e non promuove, di per sè, lo sviluppo di digital skills o attitudini partecipative negli utenti.
Qui nel caso c’è il draft del paper: http://web.mit.edu/comm-forum/mit7/subs/abstracts.html#mangiatordi
Saluti,
Marina