Secondo la ricerca State of the Net condotta da Consumer Reports sono circa 7,5 milioni gli under 13 che hanno attivato un profilo su Facebook, di cui oltre5 milioni hanno un’età inferiore ai 10 anni. Come racconta uno dei ricercatori, Jeff Fox, «il dato più preoccupante della ricerca è che la maggior parte dei genitori non è a conoscenza dell’attività dei figli, o sottovaluta i pericoli che potrebbero derivare dell’uso del social network». Abbiamo già spiegato in un recente post come i genitori italiani, rispetto alla media europea, siano più attenti alla presenza dei propri figli sui siti di social networking e al fatto che creino un profilo non prima dell’età giusta, che per Facebook sono i 13 anni. Resta comunque un 41% di genitori che non si interessa dell’eventuale presenza in rete dei propri bambini. Inoltre tra quelli che permettono ai propri figli di costruirsi un profilo, anche con controllo, sono molti a derogare la soglia di età consentita. Il consiglio fornito dallo studio di Consumer Reports ai genitori e a quegli adulti che si accorgono di bambini che non dovrebbero avere un profilo, è di utilizzare il modulo di denuncia su Facebook, in modo da farglielo chiudere. Giuridicamente ineccepibile. Ma a livello educativo? È meglio parlare con questi bambini chiedendo loro di disabilitare il profilo o meglio far prevalere la logica della “delazione” online anche se motivata? È vero che le regole vanno rispettate e che dobbiamo tutelare dai rischi i nostri figli perché – sempre secondo lo studio State of the Net – “i piccoli sono esposti a una serie di rischi, che vanno dall’infezione dei pc con virus al furto di identità, fino a bullismo e a molestie sessuali”. Ma la cultura di rete e i costumi sociali associati sembrano mutare in modo accelerato e significativo. Accade un po’ come è accaduto per la diffusione dei telefoni cellulari fra i minori: si abbassa la soglia di età di possesso e cambia la percezione dei genitori – e degli adulti in genere – sul fatto che un bambino di 10 anni ne possieda uno; ci si comincia a domandare come regolarne l’uso e quale significato sociale dare al possesso, ritenendo il telefono cellulare una realtà con la quale genitori e bambini devono confrontarsi. Un sondaggio condotto dal Liberty Mutual’s Responsibility Project mostra come il 17% dei genitori non sia contrario all’uso dei social media da parte dei propri bambini: solo un anno fa questa percentuale era dell’8%. Per quanto riguarda i rischi relativi al cyberbullismo, rischi di cui questi genitori si dicono consapevoli, ritengono che siano proprio loro a dover tutelare i propri figli e il 63% pensa che gli insegnanti e la scuola in genere dovrebbero fare di più attraverso un’educazione allo stare in Rete. Dietro ai giusti segnali di allarmismo troviamo quindi una società che sembra voler prendere consapevolezza di come la Rete sia entrata nella vita dei nostri figli e pretenda una presa di responsabilità collettiva di chi educa – genitori e scuola – nell’affrontare temi che hanno a che fare con i modi dei bambini di stare online, considerando anche i social network come una realtà non più fuori dall’ordinario ma entrata di diritto nella quotidianità della famiglia. Nel frattempo, mentre aspettiamo una crescita della cultura digitale fra le persone, possiamo cominciare ad imparare le regole dell’ambiente online e a discuterle con i nostri figli. L’età consentita per avere un profilo su Facebook sono i 13 anni. Imparare a rispettarla è comunque un buon insegnamento per i bambini, per capire che anche Internet, come il resto del mondo, è un ambiente regolato. D’altra parte, visto il cambiamento nell’accettazione sociale dei bambini anche nei siti di social network, occorrerà rendere Facebook un ambiente adatto anche a loro, perché alzare, come ora, un muro di cinta basso che si può scavalcare non può essere la soluzione definitiva.