Le nuove audience. Il loro valore performativo, produttivo, di connessione e creazione attorno ad un prodotto mediale. E’ sempre più visibile. Oggi evidente più di ieri.
C’è stata una mutazione antropologica delle audience quella che passa dall’idea del pubblico in generale – e dei fan in particolare – da textual poachers (bracconieri testuali) a textual perfomers (Henry Jenkins).
I linguaggi dei new media, dell’interattività, della ricombinazione di forme e contenuti, dell’ubiquità crossmediale, sono stati interiorizzati e fanno parte dell’habitus mediale degli individui che hanno imparato ad abitare i media, contribuendo concretamente a forgiarne i territori. Le fan culture analizzate da jenkins, con il loro plus di partecipazione, rappresentano una modalità di relazione tra individui e media, tra soggetti e mercato, che sta diventando sempre di più la condizione normale e normativa. Da subculture a forze mainstreamizzate, nel bene e nel male.
Forse anche la costruzione dei palinsesti ne dovrà sempre più tenere conto. Heroes rappresenta un ultimo caso paradigmatico di prodotto che viene programmato in un paese le cui audicence sono già attive sul prodotto.
Ci troviamo di fronte ad audience che hanno fruito già dei prodotti in lingua scaricandoseli, vedendoli assieme ad altri, costruendo ed aggiornando siti dedicati, traducendo serie, diffondendole, costruendo costumi per sfilate cosplayers, producendo narrazioni alternative partendo dal plot, creando filmati con parodie-citazioni-straniamenti…
Prima o poi dovremo tenere conto di queste audience, del “modo” di essere audience. Dovremo farlo perchè forniscono indicazioni sulla qualità del pubblico, sulle logiche di consumo; producono tracce utili per la pubblicità, per i modi di pensare i palinsesti; sono fondamentali per co-produrre i prodotti mutando la direzione delle storie, pilotando gli scenari; diffondono culture e pratiche connesse…
Se poi vogliamo vedere i numeri, pensare le audience come “spettatore” ecco quelli delle puntate trasmesse ieri di Heroes: il primo episodio “Un grande passo” (ore 21.07) ha ottenuto 2.316.000 spettatori (9,97%), il secondo episodio “Collisione” (ore 22.02) ha avuto 2.490.000 spettatori (11,61%).
Nei dati mediaset:
Su Italia 1, in prima serata, ottimo risultato per il secondo appuntamento con la nuova serie “Heroes” che ha registrato il 12.17% di share sul target commerciale (2.316.000 telespettatori totali) nel primo episodio e il 14.28% di share sul target commerciale (2.490.000 telespettatori totali) nel secondo episodio.
Ci basta ancora?
No, ovviamente no. Non ci bastano più. Sempre che i dati audience siano mai bastati. Osservare Heroes ha senso solo all’interno del mutamento del panorama mediale (fatto di relazione prodotti/pratiche) a livello globale. Il resto sono chiacchere da barbiere. Micro attenzione alle beghe di doppiaggio e localizzazione nostrane quando i media-mondo sono già andati oltre. E la cosa divertente è che le audience (quelle attive, quelle che corrono e si tengono in allenamento) gli stanno al passo. Heroes su Italia1? Tanti spettatoti? Pochi? Piaciuto? che dicono gli stregoni del marketing amatriciano? Si vende la pummarola se piazzo trenta secondi mentre Hiro controlla lo spazio-tempo? Bene, bravi. fa piacere. Ma adesso andiamo che altrimenti perdiamo il passo. Per andare dove? Ad Akihabara ad esempio.
@LR Spostare lo sguardo al globale è sicuramente produttivo, necessariamente vitale se vogliamo capirci qualcosa. Heroes (perchè è l’ultimo arrivato, perchè è uno dei prodotti più rivolti ai giovani, a quelli che stanno in rete, ai figli del web2, a quelli che l’inglese lo masticano o almeno lo vedono in modo meno provlematico) arriva in Italia già “vecchio”. In molti forum ho letto “ho rivisto le puntate…”
L’urgenza della audience di essere “in sinc” con i prodotti si vede nel numero di persone che scaricano prime da bit torrent, che seguono la preparazione dei prodotti, con maniacalità da fan o meno… e lo fanno globalmente: appunto. Fregandosene dei confini tele-visivi. Post-amatriciani (a differenza di molti critici tv nostrani, ad esempio). Già meta-territoriali. Sicuramente più coinvolti nei linguaggi dei media-mondo.
Ho la sensazione che in Italia stiamo sommando il digital devide con il partecipation gap.
Le due cose, insieme, potrebbero essere mortali.
aaaaaaah! save the gap, save the world! 😛