Rappresentare la vita e la morte in rete

 
Immagine da Girodivite

Nelle ultime settimane i media mainstream italiani hanno esaltato la connessione tra le nuove realtà della rete (blog, YouTube, ecc.) e le forme del disagio sociale e della devianza.

Non c’era servizio dei quotidiani sull’uccisione di Meredith che non citasse il blog di Raffaele Sollecito – che ha ricevuto commenti di insulto ed è stato chiuso – o di  Amanda Knox, ricavandone immagini – come quella di Sollecito bendato tipo mummia. Porta a Porta ha dedicato parte di una sua trasmissione al fatto che avessere dei blog – fenomeno incomprensibile per ammissione dello stesso Bruno Vesapa – con partecipazione di una psicologa che collegava i post alla “desertificazione dell’anima” o cose così. Unico a mettere in luce la natura puramente “narrativa” dei post un Michele Cucuzza frastornato.

C’è stato poi il caso della morte per incidente di Sara Hamid, studentessa dell’Istituto d’Arte Venturi di Modena, che ha avuto la dignità delle notizie nazionali per il sospetto che su YouTube circolasse un video raccapricciante girato da studenti (idioti).

Su questo, con lucidità diversa da quell’opacità che ha caratterizzato il pezzo di Gabriele Romagnoli – di cui ho parlato qui – si è espresso, sempre su La Repubblica, Michele Serra: “Se davanti alla tragedia resta solo il videofonino“.

 Nel pezzo viene ristabilito un confine importante che è quello tra realtà e rappresentazione. Si, perchè i blog, i video su YouTube… sono forme contemporanee di rappresentazione. Spesso ce ne dimentichiamo e li scambiamo per “fatti” puri e crudi, per eventi.

Naturalmente – ristabilito che la realtà è molto spesso meno degenere, meno abbruttita della sua rappresentazione – rimane la questione di quella minoranza che ha filmato la scena, e ha poi sentito il bisogno di accompagnarla, in rete, con le spiritosaggini ciniche tipiche degli adolescenti che vogliono darsi un tono. Potremmo dire che al grave vizio etico dell’insensibilità individuale, i piccoli videomaker necrofili hanno aggiunto la colpa del tradimento della realtà. Le lacrime e il dolore dei loro compagni, il lutto della piccola collettività scolastica, non erano evidentemente cose da internet.

Oppure sono anche quelli rappresentati da Internet, magari attraverso dei post.

Come quello di questa ragazza che era presente.

Beh ke dire….. io ero presente ed è stata una mezz’ora allucinante! La corriera stava pertendo cm solito ma a un certo punto la gente ha iniziato ad urlare e l’autobus si è fermato ma la tragedia era già avvenuta… Sara scivolando era finita sotto la ruota dell’autobus, SCUSATE X IL RACCONTO MA MI DEVO SFOGARE SONO SOTTO SHOC, Sara e li stesa sotto quegli autobus di merda ke partono e vanno veloci cm nn so cosa. La gente piangeva, urlava, tremava… una scena orribile!!!!! L’ambulanza arrivò subito ma.. la ragazza è morta sul colpo (tralascio i dettagli)…… “

Anche questi sono modi di rappresentare la realtà, agganciandola ai propri vissuti, definendo altri contesti, raccontando frammenti di vita che sono anche stati emotivi (alla faccia della “desertificazione dell’anima” del salotto di Bruno Vespa).

(Se volete altri li trovate qui).

Dietro c’è la complessità della Rete, di quella che sta crescendo attorno ai social media, che si interfaccia sempre più ai vissuti dei giovani, al nostro modo di rappresentare ed osservare la realtà. Ed è una modalità che indica il mutamento in atto, così forte da diventare essa stessa un “evento” da trattare nell’informazione dei media mainstream. E spesso dimentichiamo la loro natura di rappresentazioni. Linguaggi complessi in cui entrare per capirne il senso. Oppure da descrivere quasi fossero semplice intrattenimento scandalistico.

4 pensieri riguardo “Rappresentare la vita e la morte in rete

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