Immaginate questo mash-up: da una parte la forma del cosplayer di eroine dei videogiochi, dove giovani ragazze vestono i panni della Pricess Peach di Supermario o della Principessa Zelada; dall’altro la tradizione del burlesque nella sua accezione spettacolare di massa di fine ‘800, con un mix efficace fra seduzione, ironia e grottesco.
Si tratta di una nuova forma spettacolare di cosplayers-burlesque messa in scena in un locale di Los Angeles.
Ma proviamo ad andare al di là dell’aspetto voyersitico e da gossip.
Proviamo a pensarlo come il segnale di una “normalizzazione” e “massificazione” dei videogame e dei linguaggi spettacolari ad essi associabili che fanno sì che i personaggi dei giochi siano “noti” tanto da essere riconoscibili costumi e pose, e “desiderabili” in quanto capaci di alimentare l’immaginario contemporaneo.
Anche la forma del costume-player viene svuotata dalla sua natura peculiare dell’essere un modo di essere fan per diventare parodia-citazione ed essere declinata in altri linguaggi, più vicini e triviali, come l’avanspettacolo e, appunto, il burlesque.
E’ interessante, poi, notare come questa produzione spettacolare sia rivolta non unicamente ad un pubblico maschile, che possiamo immaginare più vicino alla cultura videoludica e alla forma del”erotismo. Perchè qui si tratta (anche) d’altro: il burlesque, erede del vaudeville, rappresenta un linguaggio spetatcolare “accessibile”, dove il “triviale” e il “colto” si miscelano ed è accolto favorevolmente dalle donne quanto dagli uomini. Ma è in particolare oggi che il burlesque viene riletto in chiave di empowerment femminile.
Oggi diventa una di quelle forme del novecento il cui immaginario alimenta produzione diverse: dai film alla moda alla musica, dalle performance dal vivo alla pubblicità, fino ai festival, come quello di New York o quello di Roma.
via comics blog
Se lo strip-tease di Zelda, Link, Peach & Co. diventa più desiderabile di quello di uomin ie onne in costumin idi pelle o pizzi evidentemnte è perché quei personaggi sono ormai parte dell’immaginario collettivo, declinabile anche in senso erotico. E’ un’altra faccia del ludico compoentne dei videogame: il gioco è comunque una dimensione che non si perde, solo che assume una valenza differente.
Mi viene da pensare all’icona dell’infermiera super sexy che oggi sembra essere soppiantata da icone più da nativi digitali: se sei nato dopo il ’75 probabilemnte sei cresciuto con Super Mario e ti sei appassionato alla saga di Legend of Zelda più che alle crocerossine da cinema erotico anni ’70.
In ogni caso l’idea di un locale di questo tipo è geniale.
Il pubblico co-evolve con le narrazioni mediali. Se, ad esempio, il fumetto porno-erotico italiano degli anni ’70 metteva in scena un immaginario tratto dalla commedia all’italiana (vedi ad esempio “Il Lando” con il volto di Lando Buzzanca) o dei supereroi (vedi le analisi di Abruzzese ne “La grande scimmia”) oggi tende ad emergere nella “letteratura” triviale – dunque quella propria dei linguaggi di spettacolarizzazione di massa – una saturazione di immaginari da nativi digitali.
Questi sono “segnali deboli” che, forse, vale la pena monitorare.
Mi verrebbe da dire che sull’empowerment femminile – illusione maschile – c’è caduto persino Morin… In ogni caso forse è interessante il fatto, ma chiedo conferma, che se è vero che evidentemente il genere burlesque si adatta alle forme estetiche e alle immagini del fumetto, ecc., è pur vero che per ricorsività dell’immaginario e, meglio ancora della comunicazione, a loro volta le derive erotiche del fumetto (e dei cartoni) hanno un loro riferimento simbolico nel burlsque appunto e nel cinema erotico. Sono cerchi che si chiudono sempre sul corpo della donna e della sua desiderabilità che come dimostri bene non smette di essere rappresentata. Certo la lettura che ne fai è mediologica e l’idea di saturazione degli immaginario mi piace. Un aggancio al fronte italiano che mi permetto di segnalare è qui: http://incertezzacreativa.wordpress.com/2008/06/20/immaginario-incarnato-capitolo-1-sick-anzi-sigh/
C’è ovviamente una circolarità forte tra burlesque e uso del corpo femminile nella costrruzione di un immaginario “desiderante”. Anche se credo che nell’archeologia mediale le “ancore” siano le produzioni dei dipinti, delle litografie e romanzi illustrati di genere.