Ieneterapia: vivere senza cellulare e Facebook

Essere presente alla comunicazione e non sottrarsi mai. È questa l’esigenza principale dei ragazzi oggi. Lo racconta molto bene un servizio delle Iene in cui Enrico Lucci si fa raccontare da una classe di liceali la necessità di rimanere in contatto costante con i propri amici attraverso il telefono cellulare e Internet, di informarsi sugli altri e, anche, giocare stando su Facebook: “è quasi un dovere avere Facebook oggi” dice una ragazza. Su queste premesse viene lanciato un esperimento dalla Iena Lucci: vivere 14 giorni senza cellulare (requisito) e senza Facebook (password del proprio profilo cambiata). Sette ragazzi della 5 E del liceo scientifico “A. Roiti” di Ferrara accettano. I risultati, monitorati dallo psichiatra Stefano Caracciolo dell’Università di Ferrara, mostrano nel primo periodo la presenza dichiarata dai ragazzi di panico e stati d’ansia “non vedevo l’ora di tornare ad usarli”, una sorta di astinenza da media era come fumare… i primi giorni ti senti vuoto, hai un po’ di crisi, “mancava il gesto, l’abitudine”. La doppia natura, strumentale e relazionale di tecnologie che vengono vissute come appendici corporee per la comunicazione è emersa quasi da subito. Irene racconta dello smarrimento avuto quando – a fronte di uno sciopero dei mezzi pubblici – non sapeva come comunicare con i genitori a casa. Silvia spiega la noia serale nel non poter riuscire a comunicare sul social network con i propri amici. Metabolizzata l’assenza, i ragazzi hanno dichiarato di aver riscoperto i vantaggi della relazione mediata dal telefono di casa come forma di comunicazione più calda (“abbiamo riscoperto il contatto tra persone”) e con meno distorsioni (“chiamandosi al telefono, non potendo messaggiare, si evitano fraintendimenti”). L’abitudine alla comunicazione mediata di tipo scritto, sintetica e spesso compulsiva (una ragazza ha dichiarato che arrivava a scrivere 100 messaggi al giorno), viene confrontata con una modalità vocale (sempre mediata) che mostra tutta la sua differenza in termini di capacità relazionale e di densità lessicale: “Senza la comunicazione scritta, abbiamo riscoperto l’uso delle parole; la ricchezza e la profondità che si possono esprimere parlando a vocePer quanto riguarda Facebook, è qui che i ragazzi hanno scoperto quanto fossero dipendenti dalle modalità compulsive d’uso e dalla fruizione multitasking costante del social network: “senza Facebook è meglio perché si è più liberi non si ha la tentazione di guardarlo ogni 5 minuti… sono riuscita a studiare più velocemente e molto meglio senza distrazioni, “Siamo riusciti inoltre a essere più liberi mentalmente senza distrazioni e l’assillo di controllare messaggi e post ogni secondo. Con la mente più libera e il tempo guadagnato è stato possibile dedicare più spazio al dialogo con i genitori e… allo studio”. Dal punto di vista medico e clinico una pausa di 14 giorni da cellulare e Facebook ha funzionato da terapia disintossicante: l’audiologo che li ha seguiti certifica i miglioramenti della funzione auditiva, una maggior rilassatezza, tranquillità e serenità; lo psichiatra sottolinea come l’astinenza dai media abbia diminuito i livelli di irritabilità e ansia. Facciamo però attenzione a non trarre facili conclusioni antimoderniste: l’indicazione non è tanto fare a meno di cellulare e Internet, quanto imparare a usarli meglio e in modo strumentale. Questa esperienza mostra, fondamentalmente, che l’uso delle tecnologie ha la necessità di essere consapevole e che dovremmo imparare a gestirle meglio in quanto strumenti a nostra disposizione, senza farci prendere da forme di dipendenza comunicativa. Proprio perché i comportamenti legati a cellulare e Facebook rientrano ormai spesso nelle piccole psicopatologie della nostra vita quotidiana, dovremmo imparare a conoscere i nostri limiti oltre a quelli degli strumenti.Ieneterapia: vivere senza cellulare e FacebookEssere presente alla comunicazione e non sottrarsi mai. È questa l’esigenza principale dei ragazzi oggi. Lo racconta molto bene un servizio delle Iene in cui Enrico Lucci si fa raccontare da una classe di liceali la necessità di rimanere in contatto costante con i propri amici attraverso il telefono cellulare e Internet, di informarsi sugli altri e, anche, giocare stando su Facebook: “è quasi un dovere avere Facebook oggi” dice una ragazza. Su queste premesse viene lanciato un esperimento dalla Iena Lucci: vivere 14 giorni senza cellulare (requisito) e senza Facebook (password del proprio profilo cambiata). Sette ragazzi della 5 E del liceo scientifico “A. Roiti” di Ferrara accettano. I risultati, monitorati dallo psichiatra Stefano Caracciolo dell’Università di Ferrara, mostrano nel primo periodo la presenza dichiarata dai ragazzi di panico e stati d’ansia “non vedevo l’ora di tornare ad usarli”, una sorta di astinenza da media era come fumare… i primi giorni ti senti vuoto, hai un po’ di crisi, “mancava il gesto, l’abitudine”. La doppia natura, strumentale e relazionale di tecnologie che vengono vissute come appendici corporee per la comunicazione è emersa quasi da subito. Irene racconta dello smarrimento avuto quando – a fronte di uno sciopero dei mezzi pubblici – non sapeva come comunicare con i genitori a casa. Silvia spiega la noia serale nel non poter riuscire a comunicare sul social network con i propri amici. Metabolizzata l’assenza, i ragazzi hanno dichiarato di aver riscoperto i vantaggi della relazione mediata dal telefono di casa come forma di comunicazione più calda (“abbiamo riscoperto il contatto tra persone”) e con meno distorsioni (“chiamandosi al telefono, non potendo messaggiare, si evitano fraintendimenti”). L’abitudine alla comunicazione mediata di tipo scritto, sintetica e spesso compulsiva (una ragazza ha dichiarato che arrivava a scrivere 100 messaggi al giorno), viene confrontata con una modalità vocale (sempre mediata) che mostra tutta la sua differenza in termini di capacità relazionale e di densità lessicale: “Senza la comunicazione scritta, abbiamo riscoperto l’uso delle parole; la ricchezza e la profondità che si possono esprimere parlando a vocePer quanto riguarda Facebook, è qui che i ragazzi hanno scoperto quanto fossero dipendenti dalle modalità compulsive d’uso e dalla fruizione multitasking costante del social network: “senza Facebook è meglio perché si è più liberi non si ha la tentazione di guardarlo ogni 5 minuti… sono riuscita a studiare più velocemente e molto meglio senza distrazioni, “Siamo riusciti inoltre a essere più liberi mentalmente senza distrazioni e l’assillo di controllare messaggi e post ogni secondo. Con la mente più libera e il tempo guadagnato è stato possibile dedicare più spazio al dialogo con i genitori e… allo studio”. Dal punto di vista medico e clinico una pausa di 14 giorni da cellulare e Facebook ha funzionato da terapia disintossicante: l’audiologo che li ha seguiti certifica i miglioramenti della funzione auditiva, una maggior rilassatezza, tranquillità e serenità; lo psichiatra sottolinea come l’astinenza dai media abbia diminuito i livelli di irritabilità e ansia. Facciamo però attenzione a non trarre facili conclusioni antimoderniste: l’indicazione non è tanto fare a meno di cellulare e Internet, quanto imparare a usarli meglio e in modo strumentale. Questa esperienza mostra, fondamentalmente, che l’uso delle tecnologie ha la necessità di essere consapevole e che dovremmo imparare a gestirle meglio in quanto strumenti a nostra disposizione, senza farci prendere da forme di dipendenza comunicativa. Proprio perché i comportamenti legati a cellulare e Facebook rientrano ormai spesso nelle piccole psicopatologie della nostra vita quotidiana, dovremmo imparare a conoscere i nostri limiti oltre a quelli degli strumenti.

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