Holly Holliday: “Lei cosa fa quando un ragazzo fa qualcosa di buono durante le sue lezioni?” Will Schuester: “Lo elogio”Holly Holliday: “Io lo scrivo su Twitter. Proprio in quel momento e per quei 30 secondi so che quel ragazzo sente un legame con me”
Una conversazione tra due insegnanti, quello di spagnolo e la sua supplente, in una puntata di Glee, una delle serie tv più amate dai giovani. Sembra essere una bella provocazione ma forse nasconde sotto un modo di guardare le cose che possiamo cominciare ad utilizzare. Il modo di essere adolescenti è oggi profondamente integrato con le pratiche dello stare online da adolescenti. Queste pratiche cambiano le dinamiche di negoziazione fra giovani ed adulti, cambiano i modi di apprendere e le forme di conoscenza legate ad un’autorità. Se dobbiamo capire il “senso” dello stare online dei ragazzi occorre allora sgombrare il campo dalle nostre strette impressioni personali di genitori ed educatori e provare ad osservare con i loro occhi il modo di abitare la Rete. Un modo che, questo è un punto essenziale, non vede soluzione di continuità fra dentro e fuori, fra l’essere always on e stare negli ambienti quotidiani La condizione di mediazione della comunicazione va considerata oggi come una condizione stabile nelle nostre vite: sarebbe impensabile pensare alla nostra comunicazione “normale” quotidiana senza un cellulare, ad esempio. I media sono percepiti e vissuti non solo come tecnologie ma come ambienti, veri e propri luoghi nei quale fare esperienza quotidiana che sono in grado di dare forma al nostro modo di conoscere e strutturare i rapporti sociali. La crescita di rapporti interpersonali attraverso tecnologie di comunicazione che spaziano dal cellulare ai siti di social network, dalle forme di teleconferenza via web alle sessioni con avatar tridimensionali su Second Life e World of Warcraft, o uno dei moltissimi altri mondi metaforici, ci raccontano una realtà delle nostre vite nella quale abbiamo imparato a costruire, gestire e far crescere rapporti con gli altri attraverso una mediazione comunicativa. Non possiamo, quindi, pensare alla realtà della Rete come qualcosa di meno-che-reale o completamente separato dalla vita reale. Non è così nella realtà quotidiana dei giovani. Ce lo raccontano bene alcune ricerche, come ad esempio quella Digital Youth, che cercano di spiegare un po’ più in profondità le cose, sfondando quella patina di superficie che spesso usiamo quando osserviamo i ragazzi interagire attraverso la Rete. Questo studio sintetizza i modi di essere e fare in Rete che rappresentano il modo di essere giovani online riassumendoli attorno a tre concetti: hanging out, messing around e geeking out. Io li tradurrei così – e scusate la brutalità gergale e l’imprecisione stilistica ma si tratta di avere appigli chiari per discutere: “bazzicare”, “cazzeggiare” e “darsi da fare e stimarsi”. È un buon punto di partenza per cominciare ad esplorare questa realtà, che approfondiremo insieme nei prossimi giorni.