L’appuntamento elettorale che ci attende è anche un’occasione rilevante per focalizzare la nostra attenzione e ripensare i rapporti tra politica e cittadinanza nell’epoca della Rete. Per questo ritengo utile promuovere l’appello Democrazia 2.0 che ribadisce l’importanza di essere open per ogni tipo di governance e chiede agli eletti di impegnarsi nel costruire un percorso di trasparenza ed accessibilità delle informazioni e di confrontarsi costantemente con il proprio elettorato: gli strumenti oggi esistono, sono sufficientemente cheap e diffusi da garantire la costruzione di quei meccanismi partecipativi che possono farci crescere come cittadinanza in digitale assieme ai nostri parlamentari.
Nel decalogo che sintetizza quelle esigenze di trasformazione che, mediologicamente, abbiamo fatto collassare attorno al digitale trovate anche sollecitazioni chiare sui mutamenti che devono riguardare il diritto d’autore, la neutralità della Rete, gli open data nelle P.A., l’adozione di pratiche di governo aperto, ecc. Tutti quei temi, insomma, che forse potevano essere introdotti meglio e con maggiori possibili ricadute effettive nell’Agenda Digitale ma che non abbiamo visto.
Ma si tratta anche di chiedere un impegno ai diversi partiti politici affinché l’accesso a Internet diventi un diritto fondamentale del cittadino. Vi invito a leggere i 10 punti che ho sottoscritto. In alcuni, forse, troverete richieste troppo pressanti (soprattutto se siete candidati) altri li troverete venati ideologicamente. Potrebbe anche essere così, ma si tratta semplicemente di applicare il meglio di quelle pratiche che cominciamo a vedere diffuse nel mondo nei percorsi di relazione fra cittadini e politica e non solo nei paesi occidentali. Si tratta cioè semplicemente di far diventare quotidiane e presenti nelle nostre vite le condizioni migliori di possibilità di trasformazione attiva di un Paese come il nostro che oggi risente fortemente del divario digitale.
Un divario digitale che è dentro ognuno di noi, che ha a che fare con il nostro modo di pensarci con/nel digitale, con i nostri atteggiamenti culturali nei confronti della Rete e con un limite socio-antropologico del potere, tradizionalmente refrattario all’innovazione e propenso piuttosto ad affidarsi a cure di stampo “gattopardesco”: cambiare tutto per non cambiare nulla. Ma di questo scriverò altrove.
Leggetevi i 10 punti di Democrazia 2.0: potreste trovare la sottoscrizione all’appello come tipping point personale verso un’open politik.
[…] Per cui no, non è un’operazione di opengov è comunicazione elettorale che sfrutta il mezzo per un fine, quello dell’occupazione del territorio mediale. E quello offline attraverso quello online, Twitter che occupa TV e giornali. Operazione legittima sia chiaro, ma non pensiamolo come opengov se no abbasseremmo l’asticella della crescita dei diritti alla trasparenza e alla partecipazione civica di questo Paese troppo in basso. Invece abbiamo bisogno di alzarla. […]
[…] Democrazia 2.0: l'importanza di essere open politik […]