E’ difficile costruire una narrazione corretta sul bullismo online come ho cercato più volte di spiegare. Tanto più quando gridiamo titoli in cui è il web che uccide i ragazzi o Ask.fm che istiga al suicidio.
Il caso di Nadia, 14 anni, che si è lanciata dall’altezza di 30 metri il 9 febbraio 2014 uccidendosi e che aveva un profilo su Ask.fm con il nome di Amnesia, ha riempito le prime pagine con la tesi della correlazione diretta: suicida a causa degli insulti e dell’odio online.
Oggi il giudice archivia la causa perché non c’è stata istigazione al suicidio. E scopriamo che accanto agli insulti online, Amnesia, aveva ricevuto offerte di aiuto. Così come nel suo mondo quotidiano. Non è bastato.
il magistrato ha dovuto tenere conto anche dei cinque biglietti di addio lasciati dalla ragazzina ai familiari. Biglietti in cui non c’è alcun riferimento agli insulti e alle provocazioni in rete. Nadia, peraltro, aveva risposto 1.148 volte a sollecitazioni idiote come (bisogna dirlo) a offerte d’aiuto. Non solo. Una compagna di scuola l’aveva scoperta nel bagno dell’istituto con la mano insanguinata, mentre nell’altra teneva una lametta: un episodio riferito a un’insegnante che aveva informato il dirigente scolastico pronto ad avvertire la famiglia. E gli incontri tra Nadia e una psicologa erano già stati fissati mentre lei aveva preannunciato al fidanzatino: «Mi uccido domenica alle 5».
La notizia è riportata nella cronaca locale, forse valeva una riflessione sulle stesse pagine dei grandi quotidiani nazionali che ne avevano parlato a febbraio. Per capire meglio questa continuità tra online e offline; per capire quali forme prende il disagio nella complessità delle vite dei ragazzi.
Capita a volte che il dolore che la normalità del quotidiano produce off line sia da osservare con altrettanta attenzione di quanto ci sembra di scorgere online.
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