Intervengo su un tema che conosco da vicino e che ha a che fare con un coniglio di plastica che si illumina informativamente e che è stato il premio di un certo festival dei blog e con una discussione che ne è nata intorno, il cui riassunto trovate in questo post di Fabio.
La cosa mi interessa non tanto in sè ma come spunto per tematizzare la relazione tra buzz marketing e blog.
E’ evidente che c’è sempre un problema quando su blog personali si tratta di prodotti E’ sempre e comunque buzz.
Può essere “evocato” dalle imprese che magari regalano in qualche occasione un nuovo cellulare al blogger o semplicemnete glielo presentano affinchè ne parli- in giro per la rete ho letto molte cose che potrebbero andare in tal senso.
Può essere “indotto” dall’uso gratificante di qualche oggetto acquistato (un libro ad esempio) e che, poiché hai uno spazio dove dici la tua, tratti – se la mettiamo così io faccio Buzz lobbistico in questi giorni su Cultura convergente di Henry Jenkins; tanto perchè sia chiaro ci ho messo pure il link.
Può essere “coordinato” come i diversi progetti Buzzquestoequello cercano di fare coinvolgendo i partecipanti con punti premio e con il miraggio di avere in regalo/prova prodotti.
Può essere “di sponda” come nel caso del Nabazcosotag – non metto il link in questo caso per non fare buzz… ma se ne sto parlando nel post faccio buzz? vabbè magari è meno buzz 😉 – e che nasce come racconta Fabio dall’intrecciarsi di idee di gioco (usare il coniglio in una fae della caccia al tesoro wifi) e presenza di un oggetto cool da geek – avremmo potuto dire anche regala due biglietti Aquafan al tuo blogger preferito, ma il premio è venuto temporalemnte dopo ed era solo “per il tuo secondo e terzo blogger preferito” 🙂
Il resto è il Capitale. Il Capitale come logica e come linguaggio. Il Capitale come capacità di tradurre azioni in valore, di fare del simbolico merce.
La sua logica nella società contemporanea è ingovernabile – è un modo di funzionamento e allo stesso tempo una lettura del mondo – ed ha a che fare con il fatto che il linguaggio del capitale tende non solo a riprodursi da solo ma ad essere osservato: c’è quindi sui due lati una spontanea visione tesa fra manipolazione e sospetto, che se da una parte tiene alta l’attenzione dall’altra vede ovunque qul inguaggio: perchè quel linguaggio è osservabile ovunque.
Lo stesso problema, per capirci, ce l’hanno le azioni guerriglia: sputtanare un brand equivale o no ad aumentarne la notorietà? Utilizzare le forme di una marca per denunciarla equivale o no ad una capitalizzazione del suo valore simbolico? Attaccarla equivale già a dire che il suo simbolico vale.
D’altra parte praticare la cultura del sospetto è più che legittimo. Serve a tenere alta l’attenzione sulle forme in cui la logica del Capitale si manifesta. Serve a mettere in connessione fatti ed offrire la possibilità di riflettere. Resta il problema che vedere il Capitale dappertutto è il segnale che la logica del Capitale è stata Interiorizzata, che ne sei stato assorbito e che tendi a riprodurla.
Preferisco il rischio dell’uso di un linguaggio giocoso e ironico – “il coniglio mannaro”, “io gareggio eprchè volgio quel maledetto coniglio” – capace di giocare con le merci e metterle in gioco e lasciare ai blogger che usano il coniglio -nel nostro caso – il compito di sputtanarlo se funziona male, se ha limitazioni, ecc. o anche il rischio di lodarne le funzioni o esplicitarne la passione… insomma lascio il campo, come mi sembra essere capitato in questo caso, alla capacità dei singoli di oscillare tra capacità di attenta osservazione e divertimento. Forse proprio il divertimento e le conversazioni ludiche che mettono in primo piano la dimensione affettiva e relazionale fanno parte di quell’ececdenza che la logica del Capitale non può trattare.
http://tinyurl.com/yu5ulz
che poi le cose sono già sate dette da tempo. è che ogni tanto qualcuno si sveglia e decide di preoccuparsi seriamente per come va il mondo. Peccato che la preoccupazione di questo genere nasca spesso da un’applicazione di paradigmi che non reggono più ad una realtà che è mutata (direi quasi paradigmi coloniali a realtà indigene se non mi scocciasse farti un piacere). Buzz (lighyear?). Che poi significa comunicazione che prova a farsi rumore di fondo del sociale. Peccato che tra le due cose vi sia una differenza qualitativa. Una cosa può diventare l’altra. ma non non è possibile avere lo stesso stato contemporaneamente. Quando il buzz si fa comunicazione allora il buzz muore. E pace all’anima dei blogger che pensano di sfruttarlo.
Ciao Giovanni.
Post interessantissimo. E pieno di stimoli da sviluppare. Lo segnalo in uan serie di post dedicati al marketing virale sul blog ADCI.
@luca: eh eh eh due linguaggi: uno è indigeno e poco sfruttabile…
@per Marco: dialogare con la comunità dei viralmarkettari è sempre interessante
Salve Giovanni,
post molto interessante. Alcune precisazioni.
Il post sul buzz marketing, col quale ho cercato di avviare una discussione al proposito, (che si trova qui: http://tinyurl.com/22rc3r ), si poneva in una prospettiva pragmatica, e solo marginalmente teorica.
Ovvero: l’arrivo di agenzie di intermediazione aziende-blogosfera a fini di buzz marketing, sponsorizzate da figure notorie e rispettate della medesima palla, come va valutato? E’ salutare, per la rete italiana, che esso passi implicitamente e in sordina come una cosa auspicabile, allegra, gioiosa, ludica, vincente? O non è piuttosto meglio, così com’è avvenuto in tutti i mercati più maturi, che se ne evidenzino i rischi e le implicazioni etiche, nonché le ricadute sulla qualità generale della comunicazione sul web? Cioè non è meglio che s’accendano i riflettori, nel senso che si rifletta a modino sulla cosa, e si prema, se è il caso, affinché le aziende che si avventurano in questo delicato business si comportino in modo corretto e sentano gli occhi puntati addosso? Della serie: chi di buzz ferisce…
Ciò detto, e seguendola per un attimo sul piano teorico.
Invidio abbastanza, devo dire, questa visione nirvanica del mondo che par trasparire dal suo scritto – e che mi pare, tra l’altro, cifra comune tra voi studiosi urbinati: ma non è che costà, oltre ai conigli parlanti, gira anche qualche funghetto? :))
Il Capitale è stato ed è tutt’ora uno straordinario principio dinamico generatore di ordine, strutture, worklow sociali, culturali e produttivi etc etc: inutile nascondersi dietro a un dito. Ha poi, o insieme, qualche lievissimo aspetto negativo, che mi par superfluo evocare qui. Dire che chi prova a interagire con questi meccanismi cattivi, nel visionario obiettivo di provare a migliorarli/scardinarli/spiazzarli, è il primo schiavo del Capitale solo perché, così facendo, ne riconosce implicitamente il potere e l’esistenza, sinceramente mi pare una proposizione da anni Cinquanta. Dell’Ottocento, chiaro.
Nonché, potenzialmente, un ottimo alibi per non impensierire troppo le proprie giornate 🙂
Infine, apprezzo molto il suo colpo di scena finale: il rapporto libidico con le merci (il famoso feticcio d’antan) trasformato in segno di libertà dal Capitale, anziché che come massima epitome della sua interiorizzazione. Sono talmente spiazzato che ci devo pensare un po’ su.
Saluti e buon lavoro,
Luca
@GBA potrei dirti che l’altro è una semplificazione (mica tanto) funzionante.
E’ molto più buzz la polemica che la causa che l’ha scatenata.
Caro Luca, niente Nirvana da queste parte solo un po’ di sano costruttivismo relativo: la realtà è il prodotto dell’osservazione, quindi il tuo (generico) modo di osservarla partecipa a costruirla 😉 con un pizzico di bloom: lo spettacolo (Debord) dà vita a forme astratte dell’esperienza.
Ora, queste forme astratte di fatto sono soggette al Capitale (vedi tutta la proliferazione di prodotti dell’indutria culturale capaci di includere sempre maggiormente la corporeità: dall’Imax al Wii) e il problema diventa: esistono degli spazi del rimosso, propri delle soggettività capaci di non subire la “bonifica” dei linguaggi e delle logiche del Capitale?
Il trattamento ironico (esagero: dai situazionisti a Bifo per finire agli Adbusters) sta su questo versante. Poi ci sono i linguaggi della moltitudine, e la felicità è uno di questi. Per citare uno dei cattivi maestri: “la felicità è sovversiva quando si collettivizza e si traduce nella pratica di costituzione della potenza attiva”.
No, schiettamente: abbandonarsi al dolce ed oppiaceo spettacolo del feticcio tecnologico mi par la cosa meno debordiana che si possa immaginare. E non confonderei l’ironia decostruttiva e straniante di chi prova a inceppare la mise-en-scene, con l’assecondare la dolce, tenera e calda ironia progettualmente emanata dal dispositivo feticistico di una data merce.
Sulla felicità collettivizzata, infine, dubito fortemente che Bifo pensasse a un gruppo di geek atomizzati davanti ai propri terminali che si tuffano e sguazzano all’unisono nello hype di un certo gadget. Però forse mi sbaglio: magari glielo chiediamo direttamente a lui su Rekombinant 🙂
Ciao Giovanni
la relazione tra buzz marketing e blog personale potrebbe essere anche di tipo diciamo “casuale” quando il far parlare del brand non è voluto né dal blogger nè dall’azienda, ma è generato inconsapevolmente dal blogger che utilizza il prodotto o ne parla in modo strumentale al raggiungimento dei suoi veri scopi.
Per esempio che relazione c’è tra buzz marketing e il video Breakup su youtube di Bowiechick? Quest’ultimo è il nome con cui si fa chiamare la diciassettenne che ha girato il clip per sdrammatizzare la fine di una storia d’amore e che in due giorni è stato visto per più di 280.000 volte ed ha generato quasi 1.000 commenti. In modo ironico la ragazza si riprende con una telecamera mentre cambia sembianze grazie agli effetti speciali del computer e della webcamera: una volta appare indossando un simpatico paio di occhiali, poi una maschera antigas e poi compare con un musetto da gatto. Quegli effetti speciali hanno scatenato un buzz clamoroso: tutti volevano sapere quale tipo di web camera riuscisse a fare tanto e la teenager ha prodotto altri video per rispondere alle domande.
Una simile operazione potrebbe fare aumentare le vendite del modello di webcamer utilizzato nel clip ovvero la Quickcam Orbit MP di Logitech.
(Tu in realtà parli di relazione buzz mktg e blog, e io ho riportato l’esempio di un video, ma trattasi di un video postabile in un blog personale, e comunque di un social media tool che consente di esprimersi e di ricevere commenti.)
Il buzz che genera questo video pare che non sia di tipo “indotto”, “evocato” o “coordinato”. Forse quest’ipotesi di relazione (“casuale”) è compresa in una delle tue categorie (non ho ben capito quella “di sponda”…) o non l’hai considerata per il sospetto di manipolazioni?
Il buzz generato dal blogger (volutamente o casualmente) potrebbe essere, dal punto di vista aziendale, pericoloso per quelle aziende che non sono solide, che non operano in maniera corretta, trasparente, etica, ecc… Per le aziende sane e corrette i problemi non sussistono nel senso che il passaparola non sincero per qualsiasi media passi ha le gambe corte, mentre il “buon buzz” generato dal blogger (anche fuori dal web) potrebbe rivelarsi talvolta efficacissimo (la fortuna e le circostanze esterne favorevoli possono giocare un ruolo importante…), altre volte meno o per niente. Le persone sono tuttavia sempre più consapevoli circa la portata di azioni “rumorose” e sanno ben distinguere…
Il buzz “evocato” e “coordinato”, ovvero progettato dall’azienda rappresenta come altre forme di marketing non convenzionale, on-line e off line, specie in determinati contesti di business, ormai una leva del marketing ma il punto è che, occorre generare “buon buzz” quello che produce i migliori effetti per le persone e per le aziende. E il “miglior buzz” per tutti è quello progettato e realizzato insieme da aziende e consumatori, coerentemente alle scelte di targeting e di positioning. Ovviamente occorre seguire certi tips per un buzz efficace (avere il coraggio di essere oltraggiosi, ma essere diretti, sinceri, avere qualcosa da raccontare, prestare attenzione agli opinion leader, ecc.) e ovviamente dietro al buzz c’è sempre un’azienda fatta di valori, di competenze, ecc. ecc. che deve reggere l’eco del buzz! 🙂
@ Emanuela: limpida e lucidissima la tua analisi.
La relazione “casuale” io l’ho “metaforicamente” e con poca efficacia definita “di sponda” in quanto involontaria, non prevista, a volte forse prevedibile ma non esatttamente e non nella conseguenze.
Il resto è polemica 😉
Grazie per il chiarimento. A proposito di buzz “evocato” e di polemica ti suggerisco la lettura di un recentissimo post “I blogger, il colosso, la pastiglia e il codice etico” che puoi trovare sul sito http://www.ninjamarketing.it
Per “svecchiare” l’immagine della caramella balsamica alla menta Pastiglia Valda pare che sia stato inviato ad un campione di blogger un “kit Valda” contenete confezioni di caramelle e un “codice etico di coinvolgimento del blogger”. In sostanza quello dei blogger è un mondo appetibile per la comunicazione dei brand ma le aziende tentano di dettar legge…
Molti amici blogger l’hanno ricevuto ed in effetti è molto interessante vedere come hanno trattato la cosa:)