Avere Antonio Sofi ospite del corso di Sociologia dei New media è stata un’occasione per riflettere sul web sociale in assoluta sincronia con la visibilità del mutamento della società: il mutamento necessario, quello scandito dalla competizione elettorale.
(Ci si è mossi prudentemente attorno alle primarie americane – come si legge in una efficcace sintesi qui e in una esemplificazione operativa qui– ma le analisi sotto traccia a quello che accade – o che non accade- in Italia sono state evidenti).
Ciò che per me è evidente in quello che Antonio racconta è che i modi in cui (uso del) web e (competizione) politica si sincronizzano rappresentano un osservatorio privilegiato per capire la modalità di affermazione della Rete nella società e il suo peso relativo. Per capirci:
la possibilità che Barack Obama possa ben essere il primo presidente “Internet” della storia (come spiega Antonio qui).
Centralità inanzitutto rispetto alla televisione. E non tanto all’apparato televisivo in sè o alla comunicazione di massa. O almeno, non semplicemente così. Centralità rispetto a bisogni mutati degli individui.
La televisione ha “raccolto” e sviluppato quel bisogno di audiovisivo che ha caratterizzato il ‘900, ha catalizzato la tensione tra l’evoluzione delle forme tecnologiche del visivo e l’emergere di una dinamica di spettacolarizzazione dell’immagine che ha comportato la nascita di una industria dell’immaginario e di uno spettatore moderno il cui sguardo viene sedotto dai “giochi di superficie”.
La Rete declinata in termini social rimanda alla “profondità”, quella dell’entrare in contatto, di giocare in prima persona di operare forme di disintermedizione (da leggere il pezzo di Sergio qui). Rimanda alla “simulazione”, alla possibilità di sperimentare conversazioni, di partecipare a reti, di visualizzare tramite applicazioni e widget le appartenenze. Rimanda alla crescita di forme di “partecipazione mediale” cui dare significato politico – e non solo da leggere secondo i linguaggi moderni della politica -, come la crescita di contenuti generati dagli utenti mostra.
Dietro troviamo un bisogno dei nativi che è quello dell’abitare e del sentire. Di personalizzare la propria esperienza attorno a linguaggi post-massa. Un bisogno che fa collassare le forme espressive del moderno in una direzione antiuniversalistica, dietro alla frammentazione e alla molecolarità della coda lunga. Dalle forme estesensive e onnicomprensive dei linguaggi di massa a quelle intensive.
In quest’epoca di transito tra linguggi molti sono gli esempi di convergenza che il momentum delle elezioni italiani prossime ha sollecitato.
Solo due giocati dai media mainstream.
Netmonitor, che dall’interno de La Repubblica online aggrega i contenuti sparsi nella Rete. Bellissima esperienza di possibile negoziazione dei temi dell’agenda mediale con la visione della relazione tra mainstream e non-mainstream. Ma sempre di linguaggi di massa si tratta: il tentativo di rendere organica la frammentazione e l’inevitabile eterodirezione dello sguardo che impedisce di perdersi nella lunga coda e porta a collocarsi (forse) nella parte “nobile” della blogosfera.
Le 10 domande di Nòva-Sole24Ore, progetto tradotto su quello 10 questions, che sollecita a fare un video con una domanda da rivolgere ai nostri candidati premier per le politiche. I 10 più votati verranno proposti. Idea di informazione partecipativa molto bella. Però media mainstream driven. Io voglio dei candidati premier che cerchino in rete i quesiti dei loro elettori. Che siano capaci di entrare nelle conversazioni. L’intermediazione è un punto di partenza, ma non di arrivo.
Avremo occasione di riparlarne, visto che le nostre conversazioni dal basso quest’anno ruotano attorno a questo tema.
[…] punto tornerò presto, magari riprendendo alcune suggestioni e reazioni post-Urbino: come quelle di Giovanni, Laura, e […]
non sono totalmente d’accordo sulla centralità della rete rispetto alla tv.
Ho appena scritto un commento da Laura in proposito.
Altra cosa: siamo proprio sicuri che la rete rimandi alla profondità? Potrebbe essere vero anche il contrario, ovvero Internet a volte ho l’impressione rimandi alla superficialità. Non sempre si partecipa attivamente, molto spesso si fa la parte degli internauti (il corrispettivo dei telespettatori): si passa da un link all’altro senza mai partecipare veramente.
Lapilli: il lurker in Internet è il corrispettivo dei telespettatori alla televisione, ok.
C’è chi guarda e non tocca anche nella Rete, concordo e penso sia normale.
Però mentre nella tv lo spettatore è e rimane tale (al massimo può mandare un sms per votare la squadra bianca o quella blu), in rete le possibilità di partecipazione attiva sono molteplici (rispondo ai blog, ne apro uno mio, produco contenuti e li condivido ecc.).
E’ una questione di potenziale, ciò che il Web permette di fare.