E’ ufficialmente uscito. Henry Jenkins, Fan, blogger e videogamers. L’emergere delle culture partecipative nell’era digitale è qui.
In omaggio stralci dalla mia introduzione (chi ha voglia di scaricarsela la trova qui).
[…] I saggi contenuti in questo volume costituiscono l’evoluzione di un pensiero che rappresenta un cambiamento paradigmatico sul piano teorico e metodologico nell’ambito dei media studies, mostrando in quali modi i meccanismi di partecipazione “dal basso” entrino in risonanza con le strutture produttive. In particolare l’analisi raffinata del lavoro dei fan sui prodotti culturali, tra appropriazione e modalità attive di ricezione, all’interno di un contesto mediale mutato, porta Jenkins a mostrare come le media companies debbano rivedere la natura del coinvolgimento di consumo e il valore partecipativo delle audience in una direzione in cui ogni spettatore, ascoltatore, ecc. va pensato come un fan. L’idea di fandom diffusa crea un range di possibilità che vanno dalla semplice passione per, poniamo, una serie televisiva fino al coinvolgimento diretto contribuendo attraverso dialoghi online con gli sceneggiatori o alla revisione della traduzione di dialoghi, ecc.
Ma il cuore di questo lavoro di Jenkins sta proprio nella capacità di delineare attraverso un linguaggio semplice ed efficace, quasi anti-accademico per sua natura, uno scenario nel quale cogliere l’emergere delle culture partecipative, che oggi trovano nei territori mediali un ambito di stimolo, crescita e sviluppo, e che da qui si muovono verso gli ambiti del mercato, dell’educazione e della società civile.
[…]
L’emergere delle culture partecipative nello scenario del mutamento i linguaggi che la svolta digitale introduce, crea quindi un nuovo contesto in cui il mercato delle produzioni culturali, dell’informazione e dell’intrattenimento si trova ad operare. In particolare aprendosi alla necessità di incorporare strategicamente le “tattiche” di individui e gruppi che dal basso sollecitano forme di apertura e di innovazione nei rapporti tra produttori e consumatori, tra cittadini ed istituzioni, tra mainstream e non mainstream.
In particolare è sul rapporto tra popular culture ed industria dei media che Henry jenkins mette a fuoco questa dinamica, e nel farlo presenta un percorso – di vita e di analisi, spesso intrecciato, come nei divertenti capitoli Columbine e oltre. Il professor Jenkins va a Washington e Sotto un altro!
Un’imboscata su Donahue – che è esemplificativo di un nuovo modo di fare ricerca sui rapporti tra media e audience, che è poi la storia di una nuova generazione di analisti mediali che, anche sul piano metodologico, integrano la dimensione partecipativa nelle prospettive di osservazione. Non a caso Jenkins si definisce un Aca/Fan, sintesi di accademico studioso dei prodotti culturali e delle pratiche sottese e appassionato degli stessi, capace di osservare dall’interno quegli stessi meccanismi che lo riguardano. Questa svolta metodologica nel pensiero di Jenkins è una svolta di prospettive esemplificativa, da una parte, del mutamento che i media studies hanno compiuto in merito agli studi sulle audience e, dall’altra, di un mutamento socio-antropologico della relazione tra individui e sistema dei media.
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meno male che ce l’hanno fatta a stamparlo e portarlo in libreria, finally…ma c’e’ poi l’intervista a jenkins al MIT? non mi pare dall’indice..e come sarebbe tutta quello spazio, sulla cover, per l’esimio introduttore e nulla di nulla per il sempre trascurato traduttore, eh? 😦
ah, inoltre non capisco perche’ nel titolo “fan” e “blogger” sarebbe uno solo – cioe’, al singolare leggendolo in inglese – ma piu’ d’uno leggendolo all’italiana, ovvio, mentre i “videogamers” sono sicuramente piu’ d’uno – cioe’ al plurale in inglese, che stona completamente in italiano – non si poteva usare coerenza, tutti al singolare o tutti al plurale? mannaggia, cosa combinate, ragazzi??!!
@berny: al solito, scelte dell’editore: non mettono mai traduttore in copertina… noi arriviamo fino dove si può… il resto è editoria. Da queste parti però che la traduzione sia Parrella è noto urbi et orbi 🙂 Da leggere i post in giro.
L’intervista a Jenkins non l’hanno messa. Io però ho voluto recuperarne almeno due parti nell’introduzione: su secondlife e su YouTube. Erano “chicche” troppo golose.
Anche sul titolo, gira e rigira, decide l’editore… alla fine di tutto però mi sembra che in giro si capisca bene che è un bel lavoro e che il linguaggio di Jenkins qui è reso al meglio… a differenza di altro (ma non vorrei alimentare polemica).
ok, ho rimesso anch’io in circolo quell’intervista a jenkins, inedita nella sua interezza, lo merita; continuo pero’ a non capire le scelte editoriali di un titolo mezzo al singolare e mezzo al plurale – non per alimentare polemica 😉
anzi no, alimentiamole ‘ste polemiche, va la’: a chi ti riferisci con “a differenza di altro”; all’altro libro italiano di jenkins in circolazione? io non ne ho letto la traduzione, so che e’ saltato chi doveva farla inizialmente, conosco un po’ chi poi ne ha fatta una parte, ma di certo io-noi siamo piu’ bravi!
basta come provocazione? 😉
Buon vecchio @berny, rilancio anche io l’intervista, che merita. Sul titolo: mi si è detto una cosa del tipo: in italiano non si usa il plurale di parole inglesi entrate nel senso comune: quindi fan e blogger. E videogamers? “Bè quello non è nel senso comune”. Ok, mi arrendo 🙂
Sulla traduzione: sono convinto che altra traduzione di Jenkins (e lo si ammette in postfazione) non renda il suo modo di scrivere e ragionare, anche anti accademico.
[…] l’uscita di Fan, blogger e videogamers Bernardo propone la trascrizione e traduzione integrale […]
non mastico l’inglese, quindi non posso apprezzare jenkins in lingua originale. sta di fatto che cultura convergente mi è semgrato un libro ben tradotto, chiaro, scorrevole e immediato, quindi se mi dite che la sua caratteristica è quella di essere fuori dai canoni accademici, direi che ci siamo.
però è solo un parere da profano.
saluti e complimenti per il blog.
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