Fare networking. É quasi un mantra oggi. Non ha a che fare solo con la presenza della Rete nelle nostre vite ma la Rete rende palpabile questa condizione.
Fare networking non è questione di opportunismo ma di opportunità.
Lo spiega bene Domitilla Ferrari nel suo libro Due gradi e mezzo di separazione:
fare networking non serve per fare carriera, cambiare casa, trovare l’anima gemella o cogliere nuove opportunità di business: serve per avere una vita più interessante , a soddisfare i tuoi bisogni… e quindi anche per fare carriera, cambiare casa, trovare l’anima gemella o cogliere nuove opportunità di business. Sta a te fare l’uso migliore della tua rete. Vivendoci dentro.
Ne parleremo assieme a lei e con Massimo Russo, direttore di Wired Italia, alla Social Media Week.
É che il networking oggi fa parte delle nostre relazioni sociali, grazie a tecnologie che rendono possibile gestire i rapporti sociali in modo diretto ed indiretto. Lo facciamo attraverso contenuti che ci scambiamo e che ci connettono, attraverso letture, commenti, condivisioni, apprezzamenti a colpi di like.
Stiamo imparando a selezionare socialmente la complessità delle informazioni in Rete: le persone selezionano per le persone.
E sviluppiamo modi diversi di misurare il peso della nostra reputazione – pensiamo a strumenti come Klout. Costruiamo una responsabilità sociale fondata sulla visibilità e sulla trasparenza delle nostre relazioni.
Abbiamo imparato a costruire, gestire e far crescere rapporti con gli altri attraverso una mediazione comunicativa costante.
Ma il punto non è tanto questo. È che gli elementi costitutivi della “struttura molecolare della società” che ci legano nella vita quotidiana, come li definisce George Simmel i “fili invisibili” oggi diventano visibili e percepibili. Sono i nostri stati di connessione.
Ci troviamo all’interno di un network di comunicazione mediata costituito da relazioni sociali diverse: amici, lavoro, affetti. Un network fatto di reciprocità che ruotano attorno a forme organizzative, di lavoro e di intrattenimento, di informazione e di formazione. Si tratta di relazioni e di capacità organizzative sui quali pensiamo di poter contare. É il nostro capitale sociale distribuito lungo i fili che tessiamo ogni giorno tra i social media che frequentiamo.
E abbiamo imparato a pensarci in questa perenne connessione potenziale tra persone, cose e fatti. Si tratta di una connessione da poter attivare e gestire in tempo reale e a distanza attraverso gli strumenti del comunicare che pervadono la nostra vita quotidiana.
La rete – spiega Domitilla – si crea soprattutto grazie alla stima che confessiamo di avere per l’intelligenza di quelli che decidiamo di includere nella nostra vita […] Tutti abbiamo bisogno di fare rete, il perché verrà poi.
Secondo Francis Fukuyama, è stata proprio l’organizzazione a rete, che ha compromesso l’ordine gerarchico, ad aver fornito un ulteriore contributo alla disgregazione sociale. Cfr. Francis Fukuyama, La Grande Distruzione. La natura umana e la ricostruzione di un nuovo ordine sociale, Baldini & Castoldi, Milano, 1999, pp. 253-296.
Davvero dobbiamo credere che la rete sia una forma aggregativa capace di creare capitale sociale? Oppure dobbiamo seguire il suggerimento di Sherry Turkle, distinguendo i contatti superficiali in internet dagli amici veri del mondo reale? Cfr. Sherry Turkle, Alone together. Why we expect more from technology and less from each other, Basic Books, New York, 2012.