L’abbraccio di Obama e Michelle: come la comunicazione costruisce il simbolico in un istante

L’immagine simbolo della vittoria di Barack Obama alle presidenziali USA 2012 ha circolato moltissimo. Basta guardare i Like su Facebook e i re-tweet. Rappresenta l’emozione di un istante, tutta la carica simbolica ed emotiva che sintetizza un percorso duro che si scioglie in un abbraccio liberatorio, per tutti.

Ed è significativo che questa immagine simbolo sia una costruzione comunicativa e non una fortunata occasione casuale ed estemporanea, come ha spiegato Vincenzo Cosenza evidenziandone la natura di “falso storico.

Sì, perché se guardandola avete pensato fosse uno scatto rubato durante l’annuncio dell’ennesimo Stato dell’unione conquistato, beh, non è così. Si tratta di una foto scattata in Iowa mesi fa, come mostra la comparazione con gli scatti di quell’evento. Una potente narrazione, come scrive Massimo, ma non solo per i giornalisti, affamati di quei bocconi rilasciati con nonchalance nei sentieri dei social media ma anche per tutti noi che l’abbiamo, da subito, eletta come simbolo di un momento storico e resa tale attraverso la circolazione. Ci siamo alimentati al bacino del simbolico e l’abbiamo diffuso attraverso sharing nelle nostre timeline prima che fossero soggetti “esterni” come i media a farlo. E nella circolazione, di re.tweet in re-tweet, di condivisione in condivisione, abbiamo sempre più legato il destino di quell’immagina con quella delle nostre relazioni sociali connesse.

Il fatto che possa essere considerata un falso storico dipende dal nostro sguardo partecipativo: abitare la Rete ci porta a sentire una vicinanza con gli accadimenti e le persone, a percepirci parte di un ambiente che viviamo in una continua diretta (anche nel differimento della nostra fruizione), spesso confidenziale. Così quell’abbraccio per noi è avvenuto lì, in quel momento, davanti ai nostri sguardi da timeline.

Falso storico, se volete, ma non fake: semplicemente comunicazione. Il Tweet che abbiamo visto/letto costruisce nel rapporto testo/immagine (non dimentichiamoci il testo: “Four more years.”) una campagna di comunicazione istantanea, che gioca sul coinvolgimento emotivo dell’attimo (il nostro) e la potenza comunicativa di un’immagine autentica (l’abbraccio non è, ricordiamolo, frutto di uno scatto in posa). È come quando scegliamo di dire una cosa importante a qualcuno a cui teniamo, quando cerchiamo la metafora giusta per spiegargli cosa proviamo: selezioniamo dalla nostra memoria e costruiamo strategicamente: “è come quella volta quando in Iowa…”

L’account Twitter del Presidente Obama è uno strumento di comunicazione, mette in narrazione i fatti non cerca di trattarli asetticamente (se mai, poi, fosse possibile farlo).

Quella immagine è lì per essere un pezzo della (nostra) storia (di cittadini connessi), è adatta al contesto e al mezzo. Più avanti, quando la rivedremo nella compattezza testo/immagine, forse – e questa è l’unica nota che farei ai curatori della campagna istantanea – quel “Ancora quattro anni” che dialoga con l’abbraccio fra marito e moglie rischia di far pensare ad una storia a termine 🙂

Come spesso capita un post è il precipitato di conversazioni che avvengono altrove e in altri momenti. Questo post è in debito con le conversazioni avute su Twitetr con @salvomizzi @marcomassarotto @vincos @mante @paolabonini @barbarasgarzi @lulla @svaroschi @fabiolalli @pm10

8 pensieri riguardo “L’abbraccio di Obama e Michelle: come la comunicazione costruisce il simbolico in un istante

  1. Qualcosa di già visto in altri tempi, con modalità diverse, ma in fondo simili. I social network hanno creato in un giorno solo quello che mostre fotografiche e giornali stampati hanno fatto in anni o decenni

  2. Come non può essere considerato un falso storico visto che si è usato un media “Real Time” e, se vogliamo, informale e spontaneo come Twitter? Sono le caratteristiche intrinseche del mezzo che rendono la foto grottesca e fuori luogo… ed un esperto di comunicazione dovrebbe saperlo bene.

    1. Non so Gioia, se leggi commenti e tweet molti esplicitano come fosse a loro chiaro che non si trattava di una foto del momento. La gioia è autentica, lo scatto in differita. Racconta il mood non l’istante giornalistico 🙂

      1. Un mood costruito a tavolino.. chissà se quella stessa foto sarebbe stata pubblicata lo stesso se avrebbe perso.. o se, in caso di scoffitta, ne avesse preparata un’altra. Photoshop non è istantaneo.

  3. Continuio a pensare che il mezzo è stato “tradito”.. ed il fatto che parte dell’audience si sente illusa è indicativo. Da notare che queste mie osservazioni sono fatte con occhio tecnico.. al di la delle simpatie o possibili condivisioni o non condivisioni delle idee politiche

    1. di primo acchito anche io ho pensato che qualcosa non andava in quegli abiti leggeri ma poi mi sono detto che anche noi ogni giorno in un tweet o in uno status costruiamo la nostra rappresentazione online e che quello era un modo per fare campagna e non informazione … non ho visto però reazioni della stampa americana, quindi non saprei se è una polemica tutta nostra o se è stata esaminata anche da loro

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