immagine da Blogosfere
Capita che stia lavorando ad una ricera sulle generazioni. Capita che trovi segnali sulla YouYube generation in un articolo di Repubblica di Gabriele Romagnoli (di cui ha già evitato di parlare 😉 Mantellini)
Tenete pure conto del fatto che non mi piacciono generalizzazioni come questa che tendono a determinare una generazione dall’uso tecnologico estendendo poi fatti di cronaca all’universo degli utenti. Per capirci: la generazione del treno non deraglia. L’Ipod generation non playlista il mondo. La tv generation non ha una visione catodica della realtà.
Quello che mi stupisce è l’approccio banalizzante al tema. Leggetevi il sottotitolo/contorno:
Stragi annunciate, biografie virtuali di carnefici e vittime: nel cuore della Rete dove si perdono sempre più spesso i giovani.
Giovani aspiranti omicidi che fanno le prove su YouTube. Non c’è fatto di cronaca che non abbia aggancio su Internet.
E’ un manifesto programmatico. Così pieno di luoghi comuni che dovrebbe portarvi a non continuare nemmeno nella lettura del pezzo.
Ma diciamo che lo vogliate fare (capita infatti che siamo attratti per un malcelato senso dell’orrido a sguazzare tra la melma), allora potrete leggere:
Quali sono le ragioni che spingono un numero crescente di persone, sempre più giovani, verso questo altrove? La risposta, probabilmente, si chiama “SEM”, acronimo che comprende Solitudine, Esibizionismo, Mercato. Tutte e tre le componenti esistono da tempo, ma nell’universo parallelo si coalizzano. Prendiamo il blog. In fondo è la versione contemporanea del diario. Il diario è, inevitabilmente, solitudine. Lo si scrive in prima persona, in una stanza chiusa, soli contro il mondo, confessando, analizzando, per abitudine adolescenziale, suggerimento del terapista, ossessione di documentare, almeno a se stessi.
A parte il fatto che l’unica sindrome SEM connessa alle tecnologie e che io conosco è la “Sindrome da Esclusione dal Mondo” e ha a che fare con il contrario di quanto viene trattato nel pezzo, non sarebbe opportuno accompagnare affermazioni come queste da solidi basi di ricerca scientifica? (Se uno le ha, certo. Se esitessero.)
E’ vero che all’inizio dell’articolo c’è anche scritto:
Non c’è bisogno di dimostrazioni scientifiche, è sotto gli occhi di tutti, a distanza di un clic.
ma possiamo continuare ad accettare la scrittura di opinioni come se fossero fatti dimostrabili?
Il coacervo di insensatezze, scarsa competenza sulla realtà dei social media (ma secondo voi uno ha un blog per solitudine e per promuovere la propria solitudine?), scrittura affermativa che non lascia spazio alla dimensione dubitativa, ecc. mi fa pensare che i media mainstream, ancora una volta, annaspino tentando di leggere una realtà attorno che non gli corrisponde più.
Sono tanti i passi dell’articolo che potrebero essere commentati e smontati, ma uno mi sembra indicativo per capire cosa c’è in gioco:
Se, in una qualsiasi sala chiedete di alzare la mano a chi è stato almeno una volta ripreso dalla televisione vedrete metà delle persone sollevarla. Le altre tengono un blog. È la rivincita degli esclusi. Di più: è la speranza di accedere al mercato. Gli editori solcano la rete in cerca di blog da trasformare in libri.
Ecco: vedere i blog come il terreno degli esclusi è guardare le praterie come la terra dei reietti e non come la forma dell’abitare dei nativi.
E la speranza di accedere al mercato è il modo che il mondo dei media mainstream – il cui presupposto si fonda sul mercato – ha di osservare quello delle conversazioni dal basso. Non che non ci sia la dimensione economica nella realtà dei social media, ma vogliamo tenere conto delle relazioni sociali che si stano costruendo? Delle forme che stanno mutando? Vi volete mettere in testa che il “linguaggio” e le “grammatiche” sono mutate? Non vendeteci le vostre opinioni come se fossero fatti. Gli indigeni non sono stupidi, vi lasciano credere che lo siano 😉
Upgrade:
Concordo invece con quanto scrive Lapilli qui.
Upgrade 2:
Concordo anche con Antonio Sofi da leggere qui e ascoltare qui.
Per il sottotitolo, sai che non viene scelto, in generale, come il titolo, dal giornalista autore del pezzo (mio fratello, critico cinematografico, ci ha combattuto per anni con questo problema).
Per il resto l’articolo è chiaramente scritto da chi non frequenta assiduamente il mondo digitale ma vuole comunque addentrarsi in un’analisi che richiederebbe maggiore competenza e/o frequentazione di quel mondo.
Quello che maggiormente lascia perplessi è, come dici tu, il rappresentare il tutto con una parte. Perché obbiettivamente c’è chi trova nella scrittura di un blog un rimedio contro le solitudini (forse anche per promuoverla…) e nella frequentazione di social network un tentativo di superare il senso di esclusione che lo attanaglia. Voglio dire, io sono uno di queste “anime in pena” e penso che ce ne siano altre come me. Ma saltellando qua e là tra blog e reti sociali ho avuto modo di constatare che moltissime persone con una vita piena, estremamente attiva, ricca di relazioni al di fuori della realtà digitale hanno il loro blog e si ritagliano tempo per frequentare gli spazi sociali della Rete. E ci sono gli esibizionisti che utilizzano il blog o gli altri strumenti di comunicazione offerti dal Web per pavoneggiarsi e cercare di dimostrare la propria superiorità. E poi ci sono i dispensatori di consigli non richiesti, i compagnoni, i perversi, i santi ecc. Tutto come là fuori, insomma.
Sono le caratteristiche “nuove” offerte da questi software sociali che magari rendono le dinamiche, le modalità e forse le intensità di queste rappresentazioni della propria personalità diverse da come possono risultare nel mondo fisico. Paradossalmente da un certo punto di vista e per alcuni individui il Web è un (multi)medium che permette un’esplicitazione dei propri sentimenti e dei propri stati d’animo maggiore rispetto ad altre forme di comunicazione.
Commento che sta diventando un po’ troppo lungo…quindi mi fermo.
ps comunque Zambardino su ZetaVu ha risposto a Romagnoli…
http://tinyurl.com/yqlj8e
Quanto meno questo giornalista dovrebbe ringraziare i blogger dal momento che gli offrono gratuitamente i soldi che ha intascato per l’articolo.
Innanzitutto non regge molto il paragone diario-blog: anche se gli argomenti possono coincidere, un diario è segreto e il blog è pubblico, c’è proprio un vizio di forma.
Lo stesso Romagnoli se ne accorge ma prosegue dritto per la sua strada piena di buche.
Un altro accostamento che fa acqua è come in qualche modo il blog sia la “rivincita” per gli esclusi dalla tv. Anche in questo caso, chi va in tv lo fa per apparire, chi tiene il blog lo fa per comunicare (cosa non ha in questo caso importanza).
Che poi il mercato si interessi ai blogger è una conseguenza, solo che qui si privilegia il saper scrivere, l’essere abile a comunicare, l’aspetto contenutistico, al contrario della tv in cui viene dato risalto a chi ha un bel lato b piuttosto che essere un potenziale fotografo ricattatore.
E’ cosa nota che chi scrive di queste cose criticandole spesso non le vive.
Parlano in verticale di questioni orizzontali.
@ Federico Bo: sul sottotitolo hai ragione, infatti ho scritto che “l’attacco” viene da LaRepubblica non da Romagnoli.
Concordo con te sull’analisi mancata da Romagnoli ma comincio ad essere stufo di prendermela solo con chi scrive: la responsabilità è anche dell’editore che legge il pezzo e lo approva, lo sottotitola e ci mette pure le immagini.
@Clinicamente testato: lucida analisi sulla verticalizzazione dei network orizzontali.
Purtroppo raccontare la realtà è complesso e richiede sforzo. talvolta scegliere una via di fuga non paga.
[…] L’articolo di Romagnoli (ne dico anche qui) ha soprattutto la colpa (ahim, perch Romagnoli penna di razza) di indulgere nelle pi facili banalit. Quelle che raccolgono facilmente la schiuma del fenomeno, e che (per esempio) proprio per l’indeterminatezza schiumosa dello sguardo riescono ossimoricamente e contemporaneamente a definire i blog come fattori di solitudine camerettista e esibizionismo molesto. Per dire. (Tra banalit e incompentenza, ben scrive Giovanni Boccia Artieri) […]
Concordo punto per punto con quanto scritto dal prof.Artieri.l’articolo di Gabriele Romagnoli è riccamente infarcito di sciocchezze fatte passare per massime dell’era digitale, pregiudizi che distorcono pesantemente unarealtà ricca e creativa come quella dei blog e del nuovo web.
Un punto poi mi ha lasciato perplesso, la teoria secondo la quale il diario sia sintomo di una pesante solitudine e malinconia.
Non credo che una forma,si privata e intimista come il diario, sia espressione di un malessere generazionale.In alcuni casi può essere che il diario sia la rappresentazione del distacco adolescenziale dal mondo degli adulti ma credo che spesso possa essere una diversa apertura verso il mondo.Come dire io sono questo,qui è tutto scritto.
Mi sembra oltretutto banale e offensivo cavalcare l’omicidio e la tragedia di Perugia, ai contorni della quale sono uscite immagini del ragazzo presunto colpevole messe sul suo blog personale come sintomatiche di una qualche strana forma di dissociazione sociale o malessere interno e per questo far di tutta un erba un fascio,cioè i blog,youtube ecettera sono spazi in cui il malessere giovanile, svariate forme di protagonismo o solitudine trovano libero sfogo.Mi sembra riduttivo e tremendamente semplicistico.
@Massimiliano: credo anche io che il diario abbia anche una funzione di aprtura al mondo, come dici tu. Spesso viene lasciato in giro perchè magari una mamma se lo legga di straforo… anche questo è un modo di comunicare.
Oppure è decisamente approvata la pratica di leggerlo con le amiche del cuore (la dimensione di femminilizzazione è solo esmplificativa), quando non scambiarselo.
Insomma: anche sul diario è prevalso il pensiero più semplice e riduttivo.
la cosa interessante è che un video su youtube da la possibilità ai giornalisti di smettere di pensare. Il fatto, la strage, è avvenuta a tuusula, qualche centinaio di km a nord di Helsinki…a novembre. Ora a novembre in Finlandia inizia il buio, quello vero, quello lungo. La gente si intristisce, va in depressione (avete mai dato un occhiata alle classifiche dei suicidi in europa?)… pare brutto a dirsi, ma capita. Francamente considerato il livello di penetrazione delle tecnologie digitali nel paese (ed il livello di penetrazione dei social media) direi che la cosa stupefacente è che non sia successo prima.
Macabra considerazione statistica, certo. Ma almeno si basa su fatti.
@lucarossi: tutto sparisce dietro il luccichio di un medium da osservare… la depressione, la solitudine, il disagio sociale, ecc. Tutto quello che ha a che fare con l’individualità dell’individuo, le difficoltà relazionali o la pressione sociale.
Le tecnologie non sono il sintomo.
[…] di Romagnoli su R2 di Repubblica, “Generazione YouTube” (fra gli altri, Mantellini, Boccia Artieri, […]
“ ma vogliamo tenere conto delle relazioni sociali che si stano costruendo? Delle forme che stanno mutando? Vi volete mettere in testa che il “linguaggio” e le “grammatiche” sono mutate? Non vendeteci le vostre opinioni come se fossero fatti. Gli indigeni non sono stupidi, vi lasciano credere che lo siano “.
Sottoscrivo ogni singola parola!
Purtroppo ci sono giornalisti che sono rimasti un pò indietro, che scrivono di blog, internet e youtube solo per sentiro dire e non conoscono nemmeno il significato e la portata di un social network.
La tastiera sostituirà la penna… è solo questione di tempo… la rivoluzione della conoscenza e del sapere è già iniziata.
Purtroppo ci sono giornalisti che sono rimasti un pò indietro, che scrivono di blog, internet e youtube solo per sentiro dire e non conoscono nemmeno il significato e la portata di un social network.
La tastiera sostituirà la penna… è solo questione di tempo… la rivoluzione della conoscenza e del sapere è già iniziata.
ruotalibera: non sarei cosi drastico, probabilmente si ridurranno i campi di utilizzo, ma la penna continuerà a convivere con la tastiera così come ha convissuto con la macchina PER (e non “da”) scrivere.
Tutte considerazioni interessanti,magari ripasso per fornirne una mia quando ho più tempo.
Però,se non fosse stato pubblicato su Repubblica,non c’era nemmeno bisogno di interrogarsi su quest’articolo:basti pensare che l’incipit è universi paralleli,e guarda il caso il blog di sollecito si chiama mondi paralleli.E’ chairo che si cavalca l’onda della notizia,senza alcuna competenza specifica sui temi trattati.Pensare che c’era un articolo sulla Seattle di Cobain e Amanda (l’americana indagata),giusto così,per riempire un pò il web.
[…] parlano anche: pm10, Antonio Sofi1 e 2, mediamondo, e sicuramente molti altri. Read More Post a […]
Proprio questa settimana a rainews24 è intervenuto un esimio psico-qualcosa invitato a commentare la notizia della strage, annunciata ATTRAVERSO youtube, in finlandia. le parole sono state più o meno le stesse nella sostanza di quelle dell’articolo di repubblica: un bel coacervo di luoghi comuni dai “vecchi” per i “vecchi”* tanto per rincuorarsi e per sapere a chi si sta parlando (della serie “tra noi ci capiamo”). così c’è stato modo di ribadire le teorie solipsistiche su internet e naturalmente il fatto che qui si cerca esclusivamente una condivisione del proprio punto di vista… d’accordo , dietro ci sarà anche la lente deformante della ricerca del malato, ma a me sembra che sfugga un tantinello la realtà dei fatti, in quella occasione per fortuna messa in luce dalla capo-redattrice de lastampa.it, alla quale è bastato ribadire che la rete è un mezzo, uno strumento al pari di un coltello, la cui bontà o meno dipende dall’uso che ne viene fatto.
la cosa che a me preoccupa è che certi medici hanno poi dei pazienti e magari qualcuno di questi pazienti frequenta anche i mondi virtuali. e allora in questo caso che facciamo?
*(mi riferisco alle cornici interpretative)
@ enrico: concordo con quanto dici. Per me il problema sta ormai diventando la distinzione fra fatti scientifici ed opinioni che difficilmente i media di massa ad approccio generalista sembrano voler assecondare.
Invece credo che anche (e forse proprio) nei media generalisti non si debba concedere terreno al senso comune ma provare a “irritarne” al semantica.
“distinzione fra fatti scientifici ed opinioni che difficilmente i media di massa ad approccio generalista sembrano voler assecondare.”
Sai che la cosa mi interessa. Non fosse altro perchè mi sembra che troppo spesso si tenda ad inseguire i mass media senza aver niente di scientifico da dire: la versione accademica delle opinioni.
D’altra parte c’è però da chiedersi se sia possibile “irritarne” la semantica (come se i mass media avessere una semantica propria ?) e non sia semplicemente in atto un mutamento di semantiche a livello sociale. In questo caso ci si mette l’animo in pace.
Interessante potrebbe essere l’apparente convivenza di due semantiche che tendono a confliggere sotto molti temi… questo potrebbe essere legato alle possibilità riflessive offerte dalle tecnologie della comunicazione. Potrebbe. andrebbe studiato. Scientificamente (nei limiti del possibile). 🙂
@lucarossi:ovviamente (per me almeno) i media non hannos emantica propria ma rappresentano la semantica della società (le semantiche di diversi sistemi?)… quello che osserviamo oggi attravero questi “scricchiolii” è forse l’avvisaglia che esistono forme nuove che irritano la semantica della società e che in questo dibattito si osservano?
Tema di ricerca 😉
Mah non so se scomoderei la semantica della società. Non so se avete visto Bruno Vespa che lancia il servizio su Internet e violenza a Porta a Porta (http://tinyurl.com/2meu4h). Qui c’è uno dei più famosi giornalisti italiani che dice di un fenomeno di non conoscerlo e quindi di averne paura. Ciò nonostante non decide di lasciare parlare chi il fenomeno conosce ma si sente in dovere di dare una sua opinione. Ora qui non è questione di semantica ma di banalissima etica del giornalismo.
Cmq tutta questa storia mi ricorda il modo in cui MySpace è stato descritto dai media negli Stati Uniti in occasione di casi di cronaca legati alla pedofilia. Forse è un passaggio obbligato collegato al fatto che Internet, i blog, MySpace e YouTube anche in Italia sta diventando un fenomeno di massa. Nel parlarne, per quanto in modo demenziale, i media di massa legittimano il fenomeno e contribuiscono ad incrementarne la notorietà ed il successo.
[…] io sono d’accordo invece con chi parla di “banalità e incompetenza”, come Giovanni che queste cose come tanti altri le studia e le insegna. E faccio mia anche la frase di Valentina: […]
Una discussione molto interessante. Mi permetto di suggirere uno spunto, un minisaggio di NinjaMarketing di qualche tempo fa: http://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2007/06/you_tube_l_accidente_eidomatico.pdf
Io sono uno di quelli che a una prima letta dell’articolo, durante un viaggio lungo in treno, ha mollato il giornale e brontolato un bel po’ per poi riprenderlo masochisticamente.
La conversazione su questo, per quanto mi riguarda, ha avuto una prima fase fatta di telefonate e discorsi, non potendo ahimè rispondere sul blog. Comunque anche io citerei il brano del post ripreso da Lapilli. E in ogni caso mi chiedo se il giornalista avesse almeno vagamente in mente come la blogosfera avrebbe reagito al suo articolo. Probabilmente no perchè ha parlato di una cosa senza conoscerla per bene. Mi è sembrato meglio Rodotà.
[…] da quell’opacità che ha caratterizzato il pezzo di Gabriele Romagnoli – di cui ho parlato qui – si è espresso, sempre su La Repubblica, Michele Serra: “Se davanti alla tragedia resta solo […]
[…] sulla via dei social media dal lato sbagliato della storia. Ne ho parlato con sempre più frequenza qui, qui, e qui. Dipende dal fatto che l’interesse, a tratti morboso, per una forma emergente […]
[…] ANCHE: alcuni post su I media-mondo di Giovanni Boccia Artieri (1, 2, 3), su Pandemia di Luca Conti (1, 2), su Webgol di Antonio Sofi (1), sul blog di Massimo […]
[…] Una manipolazione che, schizofrenicamente, identifica la blogosfera ora come terreno degli esclusi, [I mediamondo] […]
[…] metafora del diario (già usata dal buon Romagnoli) è fuorviante. Non pensare il blog come una realtà di (potenziale) conversazione , porta fuori […]
[…] dei giovani su Internet. Invece vi rimando a chi di queste cose ne sa più di me: Webgol, Giovanni Boccia Artieri, Zambardino, che quoto anche […]